Lungimiranza e coerenza

Il Presidente Conte, Di Maio, Salvini, Tria e Giorgetti per la RAI propongono quale Presidente Foa e quale AD Salini: due nomi graditissimi alla Lega e al M5S, perché esperti del ramo (e non Rai) con simpatie politiche inequivoche. Dal punto di vista politico, il problema non è però l’annuncio bensì le successive reazioni scomposte degli esponenti PD. Che stracciano il principio di lungimiranza e di coerenza nei comportamenti politici.

Comincio osservando che il governo dispone in partenza dei numeri per l’AD mentre per il Presidente, siccome in occorrono 2/3 dei voti della Vigilanza, sarà determinante Forza Italia. Non pare ci siano problemi, visto che il capogruppo di FI in Commissione, Mulè, è stato disponibile (“adesso finalmente si può guardare avanti, giudicheremo dai fatti senza pregiudizi”) specie tenendo conto della sua antica frequentazione con Foa.
legge 220
In un contesto siffatto, la sinistra ha perso la testa. Una sequela di esponenti PD ha urlato contro la spartizione tra Lega e Cinque Stelle (Martina, segretario), una spartizione senza precedenti in nome di una lottizzazione selvaggia (Anzaldi, Commissione di Vigilanza), una spartizione in dispregio del pluralismo del servizio pubblico (Faraone, capogruppo Pd Vigilanza). Infine i senatori PD sentenziano che “la RAI è di tutti , non una proprietà di M5S e Lega” e chiude il cerchio uno di loro, Fiano, affermando che “le forze di governo mai avevano osato un tale attacco al pluralismo dell’informazione pubblica”.

Ora è superfluo ricordare che la lottizzazione RAI è stata una pratica quotidiana annosa. Piuttosto è bene richiamare l’attenzione sul come tale pratica abbia fatto un salto qualitativo a fine 2015 con la legge n.220 di riforma RAI voluta dal governo Renzi per mettere il pluralismo tutto in mano al Governo (e che per questo ha aumentato parecchio i poteri dell’AD rispetto a quelli del Presidente). Dunque gli strepiti del PD sono posticci. E’ indubbio che oggi M5S e Lega non fanno altro che applicare la vigente legge n.220/15, imposta dal PD nella folle idea di farne lo strumento dei suoi governi.

L’attitudine di quanti votarono la 220/15 è gravissima per la democrazia liberale: non fare caso ai testi in votazione, anche se contro il pluralismo e il peso dei cittadini. Del resto la 220/15 è stata la prova generale della proposta di riforma costituzionale varata poco dopo col medesimo indirizzo ma che i cittadini bocciarono il 4 dicembre 2016. Una simile attitudine del separare la politica dalle idee e dai comportamenti pensati per la cura del cittadino è tra l’altro anche la radice della ribellione civile alle elezioni dello scorso 4 marzo.

Eppure gli aspiranti restauratori, PD e FI, non sono capaci di dar vita ad un’opposizione ragionata sui fatti invece che sulle invenzioni. Preferiscono sceneggiate verbali seguite da atti funzionali ai propri interessi spiccioli (vedere la Presidenza della Vigilanza a FI per tutelare gli interessi del capo e la Presidenza del Copasir all’ex vicesegretario di Renzi per avere una goccia di potere in vista del Congresso PD). Pare insomma che la mancanza di opposizione sarà l’elisir di lunga vita per il Governo Conte.

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