All’indomani della scissione

Documento presentato alla Direzione Centrale PLI nella riunione del 10 luglio 1969 da Raffaello Morelli e Sergio Trauner

1. – te vicende politiche dell’ultimo anno, caratterizzate dalla mancanza di incisività dei gruppi di governo e dal loro dibattito ideologico velleitario lungo la logica puramente partitica delle formule fallite e delle classificazioni ormai sorpassate, hanno fatalmente spinto il nostro paese, specie sotto l’influenza del vento della contestazione estremista, sulla spiaggia della sfiducia sempre più profonda e generalizzata nelle istituzioni, negli organi e negli strumenti in cul si manifesta, in Italia, la democrazia. La nostra realtà istituzionale, che da lungo tempo ha largamente allentato i nessi con lo spirito e gli ideali della democrazia liberale, è prossima a smarrire perfino la parvenza di rispetto delle fondamentali garanzie di convivenza democratica.

Le radici storiche della protesta che dilaga nella nostra società sono lndiscutlbrll. Non è tuttavia legittima nè legittimabile l’azione di chi pretende di perseguire un accrescimento di libertà e di democrazia con la violenza della fazione, cancellando di un colpo le definitive conquiste sancite dalla Costituzione uscita dalla Resistenza.

 

2. – Il problema principale per la democrazia italiana non è come si debba operare nei confronti del comunismo o del Partito Comunista, ma cosa bisogna realizzare per svuotare le radici della protesta che, tra l’altro, consentono al PCI di raccogliere l’appoggio di quasi nove milioni di italiani.

l liberali credono cioè che il problema principale per il paese sia oggi quello di allargare la base di fiducia in questa nostra democrazia, provvedendo ad attuare, con serietà ma con decisione, una revisione delle strutture statali secondo i prin­cipi del decentramento politico e della partecipazione respon­sabile. Decentramento e partecipazione che dovranno permettere di nuovo la corretta formazione ed il controllo del processo decisionale democratico in organismi strettamente legati al cittadino ed alla realtà sociale in cui opera.

Le questioni sociali e le soluzioni politiche connesse con questa situazione implicano per tutti i sinceri democratici la responsabilità di affrontare, con il solo coraggio utile in questo momento, il problema delle radicali riforme necessarie. E questo nella coscienza che a tale compito debbono contribuire tutte le forze democratiche e progressive del paese: nessuna può esserne esclusa eccetto che per sua stessa scelta.

3. – La scissione in campo socialista viene ad inserirsi come elemento rilevante in questo quadro generale che può evolversi solo a patto di scegliere la via degli impegni polltico-programmatici razionali, coerenti e concreti, scevri da qualsiasi tenta­zione di promuovere e cavalcare le nuove crociate di un fanatismo  irrazionale  a  caccia  di  streghe.  ..

Un forte partito socialista unificato su una piattaforma de­mocratica poteva e doveva dare un contributo allo sviluppo della democrazia nel nostro paese, purché avesse scelto a livello di governo tra una presenza immobilistica ed un’azione di effettivo rinnovamento. Non ci si può dunque certo rallegrare del fatto che tra i socialisti non si sia verificata questa unitaria scelta riformatrice.

II grave episodio della scissione socialdemocratica rende ancora più problematica la prospettiva di realizzare l’auspicabile azione di profondo rinovamento delle strutture politico-aociall del paese e inoltre aggrava la crisi che in Italia attraversano le forze riformatrici, crisi che favorisce la tendenza egemonica dello schieramento cattolico e di quello marxista. I liberali non possono non guardare con preoccupazione ad un ulteriore sfaldamento delle forze laiche, che rischia di rimandare per troppo tempo molte battaglie contro il predominio confessionale.

 

4, – Il PSI, visto nel suo insieme, aveva compiuto la sua evoluzione democratica in modo irreversibile e, pur tra i gravissimi ritardi e l’indubbiamente spregiudicato uso del potere pubblico, sembrava avviato a concludere in modo sostanzialmente positivo  il processo di unificazione iniziato sotto il segno della strategia delle riforme.

Tale processo e tale strategia, al di là delle motivazioni dichiarate, sono ora stati interrotti e ribaltati dalla scissione socialdemocratica, i cui motivi di fondo sono – soprattutto nei rapporti di forza interni al vecchio PSI. Alla luce di questa sua genesi, l’atto scissionistico rischia praticamente di rafforzare la strategia delle forze conservatrici che credono di risolvere i problemi del paese con un blocco d’ordine.

5. – La strategia del blocco d’ordine si articola su una duplice direttrice. Da un lato si tende ad una emarginazione dell’area democratica dell’attuale PSI sulla base di un giudizio globale di filocomunismo che coinvolge tutti, dalla sinistra lombardiana alla “nuova maggioranza “, e che è destinata a soffocare l’animoso gruppo degli autonomisti nennianì. Dall’altro si cerca di riproporre il vecchio discorso centrista della esclusiva difesa della democrazia al di là dell’effettivo esame dei problemi reali del paese.

Il blocco d’ordine sarebbe un’operazione condotta all’insegna del salvataggio parlamentaristico della dempocrazia minacciata, del tutto inutile e non priva di incognite. Inoltre,comprimendo il PSI verso l’estrema sinistra, cancellerebbe d’un colpo venti anni di battaglie a favore della definitiva scelta democratica del più forte partito socialista italiano. I Liberali, convinti che fare politica non significhi mantenere l’ordine ma piuttosto crearlo e che difendere la democrazia non signfichi chiuderne i confini ma piuttosto allargarli, non possono dunque che rifiutare decisamente l’ipotesi neo-centrista anche nella versione mistificante di un monocolore di attesa.

6. – La crisi provocata dalla scissione socialdemocratica determina una nuova situazione politica che non può non avere come ultimo sbocco una consultazione elettorale anticipata. Questo sbocco risponde in particolare alla necessità di dare maggiore concretezza ad una più diretta partecipazione e ad un più srretto controllo del cittadino sui rilevanti avvenimenti della vita pubblica.

Quelli che stiamo attraversando non sono del resto tempi politicamente di ordinaria amministrazione. In questo senso non possono essere dimenticate neppure le importanti vicende del mondo politico cattolico, contraddistinte, dopo la denuncia ae! collateralismo da parte delle ACLI, dall’abbandono anche sal piano teorico del mito dell’unità, seppure attraverso ipotesi e prospettive non prive di confuse velleità “conciliari”.

Nei confronti di una formazione governativa eventualmente chiamata a preparare le elezioni, il PLI valuterà in Parlamento la sua posizione nel caso di un appoggio di tutte le altre forze democratiche sulla base di un impegno capace di far fronte alle immediate scadenze nel Paese.

7. – In ogni caso – sia in quello di un tentativo politico pro­grammatico di centro sinistra, sia in quello di un governo preparatorio delle elezioni – i liberali si propongono di porsi sempre più a stretto contatto con l’opinione pubblica. Il serrato impegno nel Paese, che tutto il PLI dovrà profondere, dovrà servire per cogliere ed indirizzare le più sentite ed insopprimibili esigenze di rinnovamento frustrate per anni dall’immobilismo del centro-sinistra.

Le spinte massificatrici e integratrici della nostra società industriale ed il suo carattere tecnocratico, devono essere combattute con una decisa riscoperta dei valori umani e laici di libertà e di fiducia nell’individuo visto nel contesto sociale. Quello che occorre soprattutto conquistare per l’Italia di domani è più democrazia e più liberalismo. Questo non posson volerlo intimamente né tanto meno assicurarlo gli esaltatori di esperienze imperialiste dell’est nelle loro diverse accezioni  oppure coloro che vorrebbero ridurre la civiltà occidentale a schermo di una continua emergenza di stampo autoritario.

Solo con una strategia operativa di base, sarà possibile riproporre, al di là delle vicende di vertice, la formazione di un movimento di larga convergenza delle forze democratiche laiche, animate da una decisa volontà riformatrice, che sappiano eliminare le radici della protesta sociale e civile, restituendo  così  il  senso  dello  Stato  ed  doveroso rispetto per le istituzioni.

 

 

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