La cultura liberale ignorata dalla massa dei giornalisti inconsapevole del reale

Da lungo tempo, e in particolare nell’ultimo periodo, la generalità dei mezzi di comunicazione riporta le notizie  avvolte nella frenetica aspirazione di predire quanto avverrà, con in testa i propri desideri. E’ indispensabile precisare che nel presente articolo  la parola “notizie” indica il complesso dei fatti avvenuti fino al momento in esame. L’essere avvenuti è il loro carattere distintivo insostituibile, ma non significa presumere che essi abbiano un senso univoco e non possano essere variamente interpretati. Ciò precisato, il modo citato sopra di riportare la notizia,  distorce del tutto la natura della stessa, che dovrebbe illustrare un fatto accaduto e che  solo dopo – e molto di rado – può esprimere una previsione attendibile sul futuro. Perdurando, una simile distorsione fa un grave danno al cittadino, al quale nasconde l’informazione esatta e la sostituisce con una suggestione emotiva prefissata. La cosa è tanto più grave perché, nonostante la tesi  un po’ esagerata (perché i sudditi danno un minimo contributo all’esserlo) di chi incolpa di tutto i potenti, in questo caso   proprio l’enorme ampiezza della distorsione rende irrealistico il complotto dei potenti. In verità si sta verificando l’affievolirsi della cultura liberale della concretezza sperimentale sui fatti, cioè del pernio della libera convivenza.

Sul significato della libertà liberale esiste un  fraintendimento enorme. Contrariamente a quanto vien detto,  non significa affatto che ciascuno abbia assoluta libertà  di comportamento. Questo genere di libertà è possibile solo per chi scrive romanzi e per qualsiasi artista, insomma per tutte le persone che si esprimono inventandosi una realtà e non ponendosi il problema di comprendere i meccanismi del mondo materiale.  Viceversa, da circa metà del 1600 –  vale a dire da quando cominciò il valorizzare la spinta al conoscere di ciascun individuo, e l’abbandono di concezioni religiose fondate su qualche libro sacro da applicare per  vivere secondo il volere divino –  mentre cresceva via via l’importanza  delle indicazioni date dal cittadino individuo, è aumentato il peso delle sue libere esperienze e determinazioni. Che non sono a piacimento. Sono strettamente legate ai fatti avvenuti nel mondo (anche da poco) e in particolare ai risultati delle azioni compiute da ogni cittadino e dal loro insieme (ancor più oggi, quando il rapido espandersi dell’IA impone agli umani di rafforzare la loro caratteristica insostituibile, che è l’esercitare il proprio spirito critico) . Da qui l’importante ruolo del sistema di informazione. Serve a trasmettere immediatamente notizie il più possibile esatte circa gli avvenimenti, con ciò attivando l’esplicarsi della libertà di conoscere individuale e delle molteplici  iniziative  di chi la esercita. In piena libertà ma con il vincolo ineludibile dei fatti materiali, i quali non possono essere mai aggirati, bensì solo interpretati nei loro meccanismi per comprenderli  e per verificarli. Ragion per cui, nella cultura liberale, non esiste  un’assoluta libertà di comportamento da parte del  cittadino. Egli può esercitare il proprio spirito critico solo applicandolo ai fatti e nel rispetto delle regole scelte dai conviventi per interagire tra umani.

Chiarito il grave fraintendimento del concepire la libertà individuale come libertà assoluta – mentre, in relazione ai rapporti materiali di convivenza, essa può essere esclusivamente una libertà di scelta applicata sperimentalmente a ciò che accade e  poi verificata, cioè una libertà accorta e responsabile – va anche rimarcato che non finiscono qui le conseguenze negative del lasciar passare tale fraintendimento. Per prima cosa, la presenza di un’organizzazione pubblica deputata a  dirimere gli ovvii conflitti tra la miriade di individui mantenendo uguali diritti per ciascuno, è certo  indispensabile ma non svolge appieno il suo ruolo quando il clima civile continua ad imperniarsi su quel fraintendimento della libertà  a piacere. Eppure proprio la  distorsione endemica è alimentata di continuo dai mezzi di comunicazione e dai giornalisti, che vi si dedicano anima e corpo. Un simile atteggiamento fa danno in un doppio senso. Perché non consente, o quanto meno rallenta, la maturazione civile del cittadino e perché induce il pessimo funzionamento della burocrazia pubblica, non facendole cogliere la ragione profonda della necessità  di uno Stato  funzionante al meglio al fine di incentivare i rapporti di libertà responsabile tra cittadini diversi.

Come seconda cosa, nella situazione di libertà a piacimento, non è esagerato dire che i gruppi  per qualche motivo potenti (a cominciare dagli editori) godono del forte privilegio  di disporre degli strumenti per indirizzare l’informazione nella direzione di loro interesse. L’informazione rigorosa è merce rara e il suo rarefarsi indebolisce la cultura liberale proprio quando irrobustirla sarebbe più richiesto dall’evolversi dei rapporti civili verso l’utilizzare il fulcro dell’esprimersi della miriade di cittadini individui. In questo clima prevalgono strumenti tipo i social che, capillarmente in mano ai singoli – specie giovani in formazione – non solo non esercitano il fondamentale spirito critico individuale ma addirittura impongono agli altri mezzi di comunicazione e ai giornalisti una professionalità disposta alla disinformazione, ai complotti scandalistici, all’indebito pubblicizzare le inchieste dei pm  e perfino al negazionismo storico. A cominciare dai cosiddetti influencer, personaggi selezionati in rete non in base a specifiche qualità comprovate nelle loro precedenti attività (conoscitive, di lavoro, artistiche, ludiche o d’altro genere), bensì capaci di attrarre il pubblico degli utenti su scelte predefinite dagli organizzatori. In pratica una sorta di inedita  élite nelle strategie di comunicazione commerciale, esaltata per velocizzare la procedura ed inquadrare rapidamente il pubblico dei consumatori, assoggettandolo ad una moda ossessiva. L’influencer non dispone di un qualsiasi contenuto (tanto meno concettuale), salvo l’esser percepito come l’incarnazione di un sogno incondizionato, che chi assiste allo spettacolo si illude di vivere.

In sostanza gli addetti alla comunicazione esaltano l’emozionarsi acritico verso un dover essere comune prestabilito onde sostituirlo alla realtà. Al tempo stesso colgono lo spunto da tragici eventi – come i femminicidi o le morti sul lavoro o le vittime della strada – per assumere iniziative e fare manifestazioni all’insegna del richiamo invariabile al principio che queste tragedie non devono  verificarsi mai più. Un’espressione del tutto irrealistica, poiché il giusto impegno nel ridurre femminicidi, morti sul lavoro e vittime stradali, non equivale affatto alla possibilità di eliminarli del tutto. Ce lo dice l’esperienza millenaria, non cancellabile con lo sperare in un  futuro ancora da sperimentare, poiché quei tragici eventi sono intimamente connessi al dipanarsi incontrollabile della variabilità dell’interagire vivendo (che è in evoluzione continua). Tuttavia adoperare tale espressione irrealistica è funzionale alla concezione della vita fuori del reale, supposta destinata ad essere solo il trionfo del bello, del buono e del sicuro, considerando brutture e difficoltà frutto esclusivo dell’irresponsabilità umana. Quindi esprimersi in tal modo sui tragici eventi è utile per restare distanti dalla concretezza realistica della cultura liberale e per radunare grandi folle attorno alle parole d’ordine della finzione.  Gli addetti sono soddisfatti ma nessun passo avanti nel conoscere.

E non è neppure finita. Vi è un motivo ulteriore per cui viene diffusa la cultura illiberale che mette sogni ed  emozioni  al posto delle notizie vere, nonostante queste siano la fonte del conoscere. Farlo è  funzionale, in politica estera, alle vecchie concezioni di potere invece che alle analisi critiche degli avvenimenti materiali in ambito internazionale. Compiere questa scelta impedisce il cambiamento e così tutela i gruppi elitari avvinti al potere. Per trovarne conferma attuale, basta rifarsi al come in Occidente sono state illustrate le due guerre in corso più note: Ucraina Russia e Israele Hamas. Quella Ucraina Russia è stata raccontata quale attacco russo a un paese libero, che va contrastato nell’ottica dell’Occidente imperiale, omettendo il decennale allargamento Nato verso i  confini russi e trascurando lo stato di corruzione endemica esistente in Ucraina. Quella Israele Hamas è stata descritta sottolineandone l’analogia con la prima, peraltro sorvolando sull’essenziale differenza che la Russia vuole riprendersi la regione del Donbass senza eliminare l’Ucraina, mentre Hamas e i suoi alleati puntano dichiaratamente a sopprimere l’esistenza di Israele in quanto Stato sovrano (né basta distinguere tra Hamas terrorista e i Palestinesi, perché quest’ultimi, sopportando le angherie di Hamas, le avallano). Nel complesso due guerre illustrate senza capirne le radici e anteponendo i sogni.

Insomma, qui in Occidente troppi nei mezzi di comunicazione trascurano il valore del dare le notizie vere (che è irrinunciabile per intersecare libertà dei cittadini, diversità individuale e  tolleranza). Così mettono in discussione che il motore del convivere sia il sistema delle libertà responsabili, composto da scambi tra diversi, cittadini o stati. Tali personaggi  riducono la possibilità umana di conoscere le cose per via sperimentale e quindi favoriscono l’impoverimento dei territori e degli abitanti. Nel complesso, va detto che l’Occidente, inebriato dei propri valori, è inconsapevole di soffocarne il funzionamento. Sta ammalandosi nella misura in cui trasforma l’epocale scoperta innovativa della libertà individuale, nel rito celebrativo della libertà imperiale  da imporre a quanti tuttora utilizzano i sistemi non fondati sulla libertà. Non si accorge che in questo modo blocca  il decisivo meccanismo   operativo della libertà che attiva gli scambi di idee e di merci nel mondo, e fa regredire al vecchio sistema statuale delle potenze capaci solo di dominio esteriore nutrito da emotività mancante di spirito critico.  Non tiene conto che affievolire la cultura liberale,  rischia di farla collassare.

Ed è questa – guardando alla crescita della libertà negli ultimi quattro secoli – la vera e concreta minaccia per le società occidentali. Lo è assai di più del riproporsi, come affermano negli Stati Uniti importanti gruppi conservatori, di assi tra potenze di autocrati, come quello degli anni ’30 tra Germania, Italia e Giappone , e come oggi tra Cina, Russia, Iran. Al passar del tempo, la forza della libertà è prorompente.  Purché le venga consentito di dispiegare la sua fisiologica capacità di promuovere , tramite l’affidarsi alle notizie rilevate dal cittadino individuo, gli istituti in grado di adattarsi ai cambiamenti e alle trasformazioni del vivere conoscendo cose nuove di volta in volta. Per l’Occidente è  essenziale  averne la consapevolezza.

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