Celebrazione organizzata il 18 novembre 2022 dal Banco di Lucca e del Tirreno nella Sala della Fondazione Livorno, dal titolo “Mario Miccoli, liberale, giurista, banchiere”, con interventi di Sergio Ceccuzzi, Luciano Barsotti, Antonio Patuelli, Gadiele Polacco, Giancarlo Laurini, Francesco Paolo Luiso, Raffaello Morelli, Silvia Miccoli.
A distanza di quattordici mesi , il ricordo di chi è scomparso si fonda sul giudizio, più che sull’emozione. In questa celebrazione voluta dal Banco di Lucca e del Tirreno, quanto detto con acume da chi mi ha preceduto, a cominciare da una personalità come l’amico Presidente ABI, ci fa cogliere la solidità del giudizio sul nostro Mario, dal punto di vista umano e professionale. Senza dubbio la traccia lasciata da Mario è una traccia di spessore. Di questa richiamo uno studio che Mario ha praticato di continuo, che pare su un piano secondario ma che in sostanza è una prova assai significativa della sua cultura liberale. Mi riferisco alla cura e all’impegno mostrati in tema di storia, anche con articoli abbastanza frequenti sulla stampa quotidiana.
Mario coltivava la storia senza attribuirle il valore accademico di conoscenza dotta di un passato da rimpiangere. Coltivava con insistenza la storia nello sforzo di approfondire la percezione di quali fossero le relazioni tra i cittadini nelle varie epoche, con l’obiettivo di ricavare indicazioni sul come possano intessersi relazioni al giorno d’oggi e prepararsi al futuro. Non perché Mario ritenesse quelle indicazioni equivalenti al ripetersi degli eventi, visto che era convinto della loro irripetibile univocità. Quelle indicazioni erano utili, anzi a loro modo indispensabili, per poter cogliere il complessivo senso della vita, nel suo confermare e nel suo mutare il rapporto tra iniziative e fatti. Perché per Mario il cardine delle cose del mondo non si trova in una storia prefissata una volta per tutte, come vorrebbe una narrazione seguita per secoli, prima ammantata da concezioni religiose e poi da costruzioni ideologiche. Studiare la storia fornisce il riscontro sperimentale dell’essere quel cardine, in ogni passaggio temporale, il confliggere tra le varie proposte e progetti di ciascun cittadino individuo, che si risolvono, in ciascuna fase, con il mettere di continuo alla prova i risultati di volta in volta conseguenti le proposte e i progetti formulati dai singoli.
Su questo punto emerge quella coerente passione di Mario per il liberalismo, che fu la sua stella polare fin da giovanissimo. La libertà non è leggere un libro già scritto adorandolo come sacro. La libertà è sforzarsi di contribuire a scriverlo quel libro, per come ne siamo capaci. Quindi esprimendo ciò che ci riesce meglio come attitudine personale, nel quadro dei comportamenti che ci induce a tenere la convivenza con gli altri, tutti diversi ma titolari dei nostri medesimi diritti.
Pertanto Mario si è sempre proposto di seguire tre indirizzi. Una vita quotidiana contrassegnata dallo sforzo di allargare le proprie esperienze personali (dalla tradizione schermistica dell’ambiente parentale, alla passione per la pallacanestro cittadina al vertice nazionale, al brevetto di volo da turismo per disporre di strumenti di comunicazione anche insoliti). Insieme lo sforzo di contribuire a far sì che la professione svolta si dotasse di mezzi espressivi al passo delle novità tecnologiche, e dunque in grado di soddisfare nuovi aspetti conoscitivi dell’attività individuale al trascorrere del tempo. Per questo, Mario divenne a livello internazionale un antesignano nello studio delle problematiche della firma digitale e dell’informatizzazione notarile, continuando a scrivere per decenni in argomento.
Infine, ed è forse la più rilevante consapevolezza liberale, impegnandosi a seguire la convinzione sperimentata secondo cui, nel settore dell’attività politica , mettere la libertà prima di tutto significa applicarla in ciascun momento nelle effettive relazioni interpersonali tra i cittadini e con il mondo. Il che vuol dire assumere quale criterio prioritario nelle scelte legislative da decidere e in quelle operative da compiere, il manutenere e il rafforzare i liberi rapporti interindividuali. Per i liberali, è questo il motore del futuro. E’ il meccanismo fondato sull’affrontare le questioni di libertà nei rapporti concreti della convivenza e sul rifiutare il mito di un destino sovrastante già prefissato. E di imperniare su tale meccanismo il giudizio elettorale sull’attività politica corrente.
L’esperienza storica prova che il futuro non si costruisce livellando le relazioni civili in un’ottica di socialità indistinta modellata su un modo di essere collettivo teorico indicato dal gruppo dominante al momento. Viceversa si costruisce utilizzando le diverse iniziative e progetti individuali verificandoli in base ai risultati indotti nella realtà. La libertà non è riducibile ad un sogno imperiale, perché nell’occidente ove è nata e praticata, essa può vivere solo nel conflitto secondo le regole tra le iniziative dei cittadini individuo. Per questo, Mario lavorò costantemente al collegarsi delle forze della democrazia laica, depurate da ogni distorcente inclinazione anticlericale. La prospettiva era togliere il predominio al conformismo di tipo democristiano, che si vantava di essere l’unica forza di argine ai comunisti, mentre quello era un vanto sempre sbandierato, però in gran parte falso ma soprattutto sterile. L’inarrestabile efficacia della libertà risiede nell’affidarsi per convivere alle decisioni dei cittadini invece che all’esaltare le elites, e nell’estendere il più possibile ed ovunque gli scambi tra i cittadini di idee, di relazioni, di iniziative, di manodopera, di logistica, scambi che ne sono la caratteristica essenziale per affrontare i problemi del mondo. La libertà non può autocompiacersi e praticare il determinismo. Il suo contrapporsi alle autocrazie non può mai essere la sua caratteristica; tale contrapporsi è invece la fisiologica conseguenza della caratteristica della libertà, appunto l’attivare al meglio gli scambi, a cominciare dai rapporti esistenti nel convivere all’interno dei paesi liberi, e per quanto possibile anche verso gli altri paesi, compresi quelli autocratici.
In più Mario segnalava – specie nell’ultimo quindicennio – la condizione necessaria perché questi scambi funzionino nel segno della libertà. Devono essere coerenti alla libertà individuale, sia il sistema con cui si diffondono le notizie degli avvenimenti, sia la terminologia con cui ci si rapporta alle diversità che degli avvenimenti sono protagoniste. Così è indispensabile che le informazioni adempiano al proprio ruolo insostituibile del far conoscere ai cittadini il verificarsi dei fatti nella loro dimensione reale, rifuggendo la pretesa di essere l’oracolo anticipatore di un futuro ancora da venire (ed invece in Italia soprattutto , ma pure in Occidente, l’informazione tende a concentrarsi sullo scimmiottare l’industria dello spettacolo trascurando le notizie). Ed è altrettanto indispensabile che la terminologia usata per comunicare le notizie sia tollerante e pacata al fine di sollecitare la riflessione e di non eccitare allo scontro irragionevole tra persone che non si ascoltano (ed invece la terminologia dei mezzi di comunicazione è dominata al giorno d’oggi dall’invettiva e dall’anatema ingannatori).
In sostanza, la traccia di spessore lasciata da Mario è il costante invito a riflettere, nel partecipare alla vita quotidiana, sul come trovare la via per favorire il massimo utilizzo dell’apporto del cittadino individuo e della sua diversità, che sono il motore del conoscere e del far fronte al cambiamento per migliorare lo stare insieme. E’ la tipica impostazione liberale, che richiede attenzione, pazienza, inventività, confronto, al fine di superare in continuazione tutte le parole d’ordine ingannevoli diffuse senza tregua dagli odiatori della centralità individuale, i quali persistono nel voler illudere che le sfide del vivere si risolvano negando il passar del tempo, la libertà e la diversità. Ed è proprio per aver lasciato questa traccia che Mario è indimenticabile, quale cittadino e quale liberale.