Dar forza ad una formazione delle libertà

Un articolo su cui riflettere Federico Rampini, il prestigioso giornalista italiano  che per decenni ha vissuto in Cina e negli Stati Uniti, ha scritto sul Corriere in data 21 marzo un articolo assai chiaro e lucido  nel contenuto dell’argomento trattato. Come al solito. In più, questa volta, un testo che da ai liberali lo spunto per un’accurata riflessione.

L’argomento trattato da Rampini sono lo sdoganamento della violenza e gli adulti dimentichi della loro funzione educatrice. Partito dal gesto di uno studente che ha mimato il puntare una pistola contro la Meloni, l’articolo traccia un paragone tra gli anni ’70 in Italia e il mondo di oggi, negli USA e in Italia. All’epoca, narra Rampini, io ero un appena maggiorenne iscritto al PCI di Berlinguer e gli opposti estremismi dei giovani si ricongiungevano  nelle armi e nel considerare la repubblica italiana borghese e fasulla. C’erano però degli adulti capaci di contrastare l’imbarbarimento, I vecchi comunisti non erano indulgenti con chi praticava il fanatismo ideologico. La generazione nata in questo millennio è in preda ad una nuova febbre dell’estremismo. Gli eventi che spingono a sdoganare la violenza sono davvero abominevoli. Ma non hanno giustificazioni le violenze contro le istituzioni, assaltate e incendiate, un attacco frontale all’ordine pubblico. Gli ideologi di sempre soffiano sul fuoco della rabbia giovanile.

Quando  “Hamas ha trucidato ebrei, massacrato bambini, violentato donne, e molto prima che partisse la controffensiva dell’esercito israeliano, senza indugi era scattata la solidarietà con i terroristiIl gesto della pistola in molti cortei studenteschi sta a significare che il palestinese — oppresso per definizione — è legittimato perfino a commettere atrocità, visto che deve castigare l’oppressore”.

Rampini scrive che “a dividere il mondo in buoni e malvagi, vittime e persecutori, sfruttati e sfruttatori, sono prima di tutto gli adulti che indottrinano le nuove generazioni…. l’esplorazione della realtà viene scoraggiata, è più rassicurante il conformismo di massa. Un pezzo di gioventù non vuole interrogarsi su dove siano finiti fiumi di miliardi di aiuti umanitari per i palestinesi, donati soprattutto da noi occidentali”. E prosegue aggiungendo “lo sdoganamento della violenza è evidente nelle forme di lotta praticate dagli ultrà dell’ambientalismo…. Ma non saranno gli ultimi abitanti della terra: grazie al capitalismo mostruoso, che investe nell’innovazione sostenibile e ci ha dato le tecnologie verdi

 Gli adulti, conclude Rampini, giustificano ogni deriva fanatica e rinunciano ad essere educatori. “La gioventù occidentale gode di privilegi enormi: non solo il benessere materiale ma libertà senza precedenti nella storia. Eppure è infelice perché convinta di vivere nella civiltà più oppressiva, ingiusta, distruttiva e schiavizzante. L’idea di progresso la disgusta”.

Come si vede, simili considerazioni per un liberale sono solo considerazioni ovvie. Sa mai, anche parecchio in ritardo. Certo Rampini ha almeno il coraggio di esporle, perfino  osando criticare, lui di origine berlingueriana, un attacco alla Meloni. Peraltro il punto è un altro. Nell’articolo le considerazioni vengono esposte come una grande novità derivante dal degenerare dei costumi o dalle carenze dei genitori e dei più anziani. Tutto ciò Rampini lo scrive in modo incisivo, ma senza  citare  né accennare mai in tutto l’articolo né alla parola né al concetto liberali e neanche liberalismo. Non si tratta di una questione semantica, tanto meno attribuibile al solo Rampini, né un accorgimento per criticare gli attuali anziani. Tale assenza testimonia una mentalità assai radicata tra gli italiani. Liberali e liberalismo sono, se va bene, relegati  nelle ultimissime file. Un atteggiamento sorto  dal ritornello fischiettato  per decenni dalla propaganda della cultura cattolica prima e di quella comunista poi, in seguito  mischiate e dilagate nel mondo sindacale, in quello del lavoro,  penetrate nelle redazioni dei mezzi di informazione e da qui introdotte nella mente di milioni di italiani.

I liberali sono quelli che praticano il liberalismo e il liberalismo  sarebbe  il luogo di raccolta di ogni bruttura e del culto del profitto succube degli interessi padronali. Fattori che sarebbero all’origine delle ingiustizie sociali nonché del trascurare i più deboli. Inoltre il liberalismo sarebbe pericolosamente incline al prestare attenzione alle idee laiche, irrispettose dell’autorità di chi sa e del conformismo religioso, pauperistico e del comunicare secondo i dettami della moda. Di conseguenza – anche se negli ambienti più accorti si evita di dirlo apertamente – i liberali dovrebbero restare da parte, perché la loro esistenza sarebbe la radice dei guai della società. Al massimo, i più furbi tentano di sfruttare i liberali cercando di esibirne certe intenzioni obiettivamente aperte, tentando di assorbirle come orpelli dei sogni immaginifici propinati ai cittadini sudditi dai grandi soggetti partitici detentori del potere di governare l’Italia con le promesse solo da enunciare e non da costruire.

Richiamato lo stato delle cose, questo mio  articolo intende confutare nel profondo le posizioni citaate fin qui. Perché tali posizioni  non si limitano affatto ad esser   distinte da quelle liberali bensì sono a loro opposte ed esprimono una meditata inimicizia.  Ormai siamo ad un punto che i liberali non possono più accettare con rassegnazione un simile stato di cose, perché questa rimozione del liberalismo non è un vezzo espressivo, bensì un metodico rifiuto delle idee liberali e del praticarle. Proprio quando, tra l’altro, le vicende italiane mettono ogni giorno in evidenza la reale necessità di utilizzare (tempestivamente e non poco) anche i principi liberali.

Giovani e Libertà – L’articolo di Rampini ad un certo punto afferma sì che oggi la gioventù occidentale gode di una libertà senza precedenti. Peccato che sia una cenno scorrevole  e irriflessivo, che non ragiona in alcun modo su cosa ciò significhi e su quale sia stata la strada per arrivarvi. Il difetto dell’attuale situazione sta in questa perdurante carenza di riflessione sulla forza della libertà e su cosa induca.  Mentre la libertà non è un caso fortuito o un dono divino, destinati a restare eterni una volta arrivati.

La libertà è il frutto di decenni di crescita dell’osservare con intenti sperimentali  i rapporti esistenti nella convivenza umana e nel mondo circostante. Un osservare realizzato mediante l’uso della spirito critico individuale adottato da insiemi sempre più numerosi di cittadini. Il criterio sperimentale nell’osservare, nell’assumere iniziative materiali e nel verificarne i risultati senza pregiudizi e restando  ai fatti – il tutto applicando lo spirito critico individuale di ogni  osservatore –  ha avuto successo , a passo a passo  e con il tempo,  nell’opera di  costruire strutture istituzionali che fanno da cornice all’esercizio materiale della libertà di coloro che vivono entro i loro confini.  E’ questo il meccanismo che ha creato  il clima  diffuso di libertà  e  concretizzato il progresso nel convivere, caratterizzandolo   con il frenare il ricorso alla violenza fisica quale strumento di interrelazione.

Ii vastissimo mondo dei non liberali non si accorge di tale meccanismo della libertà. Non fa finta. Proprio  non lo  vede, poiché estraneo ad abitudini secolari nel relazionarsi e perciò non percepibile. Ne è un tipico esempio Rampini, che pure è persona intelligente, colta  ed abituata ad osservare ciò che avviene. Però guarda ciò che avviene secondo le abituali regole dello scontro di potere, in  un paese o tra vari paesi. Il meccanismo della libertà sfugge a queste dinamiche poiché non esibisce la forza dei muscoli o delle coorti, bensì  esprime  valutazioni sperimentali.    

Un sistema simile ha cominciato ad emergere intorno a metà del 1600 , epicentro  Scozia. Da allora ha continuato ad allargarsi e ad approfondirsi in zone geografiche sempre più estese man mano che sono maturati i tempi della consapevolezza. Essa ha modificato nel profondo conoscenze ed abitudini di secoli, introducendo dei criteri molto innovativi nei rapporti degli osservatori umani. tra di loro  e con le cose del mondo. Tale cammino è proseguito, e al giorno d’oggi è possibile dare una descrizione sintetica del liberalismo nei termini esposti di seguito, che ne illustrano le caratteristiche attuali prima del suo fisiologico evolversi successivo. 

Caratteri del liberalismo – La cultura liberale è un reticolo assai connesso di non meno di SEI caratteri tra loro interdipendenti, tutti essenziali: libertà di esprimersi,  individuo al centro, spirito critico, diversità di ciascuno , esperimenti per conoscere, uguali diritti legali.   Il pernio del liberalismo è affidarsi al metodo della libertà. Un metodo che si applica indistintamente ad ogni individuo umano, il quale  esercita la libertà agendo in via autonoma sperimentando nella sua diversità con l’adoperare il proprio spirito critico, e nel rispetto, quanto ai rapporti interpersonali, delle regole vigenti scelte dai conviventi per dirimere i conflitti tra le iniziative individuali. Il liberalismo  è, per natura, fortemente innovativo. Sotto il profilo storico la grande novità fu l’imperniarsi sull’umano e non più sul divino, che si manifesta mediante un libro sacro, i comandamenti e i sacerdoti. Una grande novità fu  anche ridurre, un po’ alla volta,  il ricorso all’uso della forza fisica per dirimere le dispute.  E più in generale, ancora in seguito, ridurre il ricorso alla violenza. Crebbe a dismisura la pratica di contare le teste invece che di tagliarle. Avere libertà di opinione, culturale e politica, senza distinzione di sesso, colore della pelle,  di religione, di lingua,  di condizione sociale e di salute di ognuno, è divenuto  indispensabile per ogni paese civile. In realtà, tale concetto di libertà individuale rappresenta la connessione inestricabile tra l’umano e i fatti a lui circostanti, che rende la libertà una libertà di scambio senza mai farne un principio teorico.

Ovviamente, l’utilizzo della libertà ha investito anche un altro aspetto decisivo della vita, vale a dire quello del procurarsi le risorse indispensabili per nutrirsi e per affrontare le intemperie. La libertà economica è un dato imprescindibile della libertà (come sottolineò con forza Einaudi) ma la libertà umana resta pur sempre un fattore più ampio dell’economia, che è un attributo. Per questo la libertà di operare in economia, chiamata liberismo, è parte del liberalismo ma non può prenderne il posto, siccome il liberalismo attiene alla libertà individuale nella suo interezza.  In più, come hanno dimostrato le esperienze storiche in ogni parte della terra, l’economia non riesce a svilupparsi positivamente mediante criteri pianificatori all’insegna di principi collettivistici. E dunque fare economia rientra in pieno  nell’esercizio della libertà.

Passando il tempo, è stato chiarito che la libertà non è un compatto pezzo unico. E’ composta da un insieme di differenti libertà, in sostanza è plurima. Va esaminata mettendone in rilievo caratteri distinti, dotati ciascuno della propria importanza. Ed altresì è stato chiarita l’importante distinzione  tra “libertà da qualcosa” (cioè non essere impediti da  costrizioni)  e “libertà di qualcosa” (cioè un  individuo è libero di fare ciò che egli vuole). Con l’ulteriore specificazione che nella sostanza la “libertà da qualcosa” qualifica  la libertà di poter agire e la “libertà di qualcosa” qualifica la libertà della volontà di come agire.

In tema di libertà, nel tempo è sorto un grosso equivoco di attribuzione,  tra chi riferiva la libertà  (come i liberali) agli individui e chi (come gli statalisti a vario titolo, religioso oppure ideologico) la riferiva alla collettività. Ma riferire il termine libertà al concetto di collettività è un vero e proprio ossimoro rispetto alla svolta del ‘600 e al suo realizzarsi. Di fatto sarebbe il ritorno alle epoche in cui   dominavano i libri sacri, i comandamenti, le elites dei presunti  sapienti che si approfittano dei più deboli.  Per i liberali, il concetto di convivenza si riferisce  ad una somma di individui e non ad un tutto organico. L’autonomia dello scegliere  è una caratteristica dell’individuo responsabile, che poi si applica su più  ampia scala   ai molti individui  conviventi, senza mai trasformarsi in espressione di cui si presume sarebbe capace solo una comunità individualmente indistinta, unica titolare del dettare una linea politica comune.  Così facendo si tornerebbe ad antichi modi essere di idee passate,  quali la nazione, i  gruppi etnici, la patria

Ebbene, nella concretezza reale,  la linea politica viene scelta attraverso i conflitti tra i progetti differenti, nei dibattiti pubblici  e poi via via  tramite il voto a  maggioranza.  In questo modo si crea un ponte tra le aspirazioni e  gli interessi di ogni cittadino, in quanto privato e in quanto convivente. Se non fosse così – ce ne è la prova storica –  il collettivo prenderebbe il sopravvento sull’individuo e ne calpesterebbe la libertà materiale. Insomma, iniziando dalla libertà politica si affrontano e si risolvono anche le questioni sociali e in particolare quelle del mondo del lavoro. Dando la sicurezza nei godimenti privati, come facciamo noi moderni, si ottiene pure  il distribuire il potere sociale fra tutti i cittadini, come facevano gli antichi.  Per ottenere simili risultati nella struttura del convivere, debbono esistere  delle istituzioni costruite con il fine di poter  dare regole all’insegna della libertà e di farle rispettare (dunque la libertà non è minacciata dallo Stato, al contrario è lo Stato non invasivo  che tutela la libertà).

Allo stesso modo. l’esercizio del voto non va riservato  in base al censo, poiché lo stato economico vien dopo il vivere, dal cui nucleo discende l’essenza del votare. Con lo stesso motivo del praticare la libertà tra i cittadini, i liberali si oppongono al voto pesato a seconda del grado di istruzione del singolo cittadino. Anche qui, il votare è un attributo del convivere in un dato luogo, e non può dipendere da altri fattori che, pur rientrando nel convivere, sono estranei alla sua essenza. E il termine individuo si riferisce a ciascuno dei viventi e non a chi è dotato di alcune doti piuttosto che altre).

Tutte queste distinzioni fanno anche intendere il perché libertà e democrazia non siano affatto equivalenti. La libertà implica la democrazia (a ragione del dover rispettare tutti i sei caratteri della libertà)  mentre non è necessariamente vero il viceversa , vedi i  casi della Cina, della Russia, dell’Arabia Saudita, ad esempio, ove la democrazia si riduce a pura partecipazione priva di facoltà decisionale.. Le medesime distinzioni fanno pure intendere come siano infondate le pretese, che emergono ricorrentemente, secondo  cui ilberaldemocrazia e liberalsocialismo sarebbero equivalenti (quando costituiscono il tentativo  socialista di rimediare dando l’impressione di accogliere nella propria visione temi liberali) . Non è così, in nessuno dei due casi. Aggiungere  il termine democrazia alla radice liberal non amplia l’esprimersi della libertà, mentre  i concetti liberalismo e socialismo  sono tra loro assai distinti e metterli insieme creerebbe un ircocervo, come diceva Croce, cioè un animale immaginario.

In prospettiva il liberalismo è ancor più necessarioNon ha motivo fondato rifiutare il metodo della libertà individuale. Anzi, spesso inclino a stupirmi parecchio del fatto che troppi cittadini, anche qualificati ed esperti, a poco meo di quattro secoli da quando è nato il sistema di soffermarsi sulla libertà individuale per conoscere di più e meglio governare il convivere, insistano nel rifiutare appunto il metodo della libertà individuale nonostante  gli indubbi successi riportati nel medesimo periodo e che fin qui ho richiamato (oltretutto accertati). Tuttavia è un fatto innegabile, con cui dobbiamo fare i conti tutti i giorni e che prosegue nel dilagare ovunque.   

Si pensi, ad esempio, come nella politica siano usati di continuo concetti di per sé sorpassati spacciandoli per attualissimi. Che sono tutti contro la mentalità liberale. Tipo ossequiare l’auspicio di un “governo mondiale” composto da chi non è mai votato da nessun cittadino della terra (che rimpiazza la libertà individuale con il mondialismo dei potenti). Tipo esaltare l’ “unità” che evoca quale valore l’unità di vari soggetti distinti  (si è già visto che non esiste l’unità della libertà). Tipo  parlare di “certezza” che evoca la verità del libro sacro (idea non compatibile con quella di libertà) . Tipo  sollecitare l’avvento della “comunità” che evoca un nesso intimo dello stare insieme mettendo in disparte o addirittura escludendo l’individuo (cosa inconciliabile cona la libertà dei liberali)  Tipo  invocare la “sicurezza” che evoca l’esclusione del pericolo (mentre l’assenza di  pericolo risulta estranea al vivere  in libertà). Tipo insistere nell’uso del termine “rivoluzione” al posto di “cambiamento”  (che perpetua il sogno di poter innovare a prescindere dalle condizioni di libertà). Tipo inclinare  all’antico uso  della “guerra” per difendersi nei contrasti internazionali, piuttosto che insistere nel caparbio  ricorso al  tessere lo “scambio” (che della libertà è l’operatore fondamentale).  E si potrebbero estendere le citazioni al riguardo. Senza contare che anche il prorompente arrivo dell’Intelligenza Artificiale  fornisce una protesi aggiuntiva alla capacità operativa dell’individuo  e con ciò potenzia le sue possibilità di utilizzare la propria libertà ed i modi di farlo. 

Già per questo stato di cose, sarebbe  indispensabile rimediare, impegnando i cittadini convinti dell’importanza dello strumento libertà individuale, a rafforzare una formazione politica che sostenga la libertà nei suoi diversi aspetti, adottando atteggiamenti espliciti mediante comportamenti coerenti. Sono gli avvenimenti stessi che da molto tempo lo stanno richiedendo. Peraltro, va detto che  la conoscenza della realtà ci ha condotto , ancora una volta, molto più in là. Si sta aprendo un nuovo capitolo – anzi a livello della conoscenza scientifica si è già dischiuso – che sollecita con sempre maggior evidenza il dover tenere conto nelle scelte politiche delle dinamiche indotte dal praticare innanzitutto  la libertà nei rapporti di convivenza.    

A inizio autunno del 2023, ho pubblicato su Libro Aperto un articolo cui intendo ora riferirmi. In quell’articolo ho descritto abbastanza a fondo le conseguenze dalla famosissima (nel campo della fisica) discussione iniziata nella seconda metà del 1920 tra Albert Einstein e Niels Bohr, due Premi Nobel,  a proposito di quale significato avesse l’equazione fondamentale della meccanica quantistica. La fisica quantistica è una fisica molto diversa dalla fisica classica e si applica a livello microscopico. L’equazione fondamentale funzionava perfettamente già allora, ma nessuno  ne capiva il senso, nonostante che  utilizzarla stesse permettendo di capire una serie di fatti prima inesplicabili.

 La questione rimase aperta per decenni e nel frattempo aveva fatto arrivare a numerose  invenzioni decisive, tra tutte la luce laser.  Quando oltre cinquanta anni dopo l’inizio di quella discussione, il mistero cominciò a diradarsi, si capì prima di tutto che era nel giusto la spiegazione di Bohr e che il mondo quantistico microscopico  è probabilistico.  Nel mio articolo sopra citato (che giunge ai giorni nostri) ho spiegato che la memoria dell’informazione quantistica opera nel medesimo istante su un numero molto maggiore di dati  e così diviene capace di risolvere in tempi umani problemi di calcolo complicatissimi non risolvibili dai computer tradizionali negli stessi tempi. Dunque i meccanismi quantistici a livello microscopico hanno analogie di rilievo nelle relazioni tra gli umani viventi. Perciò occorre impegnarsi a cogliere le analogie con la quantistica quando si lavora al costruire le istituzioni quadro della convivenza umana. Io, di analogie, ne ho indicate sette. E, non per caso, tutte e sette  si collegano a caratteri della libertà nel costruire gli istituti del convivere.

Le analogie tra libera convivenza e meccanica quantistica – La prima analogia è lo stare ai fatti reali  e abbandonare le teorie dei libri sacri oppure delle ideologie. Sono culture  che  percepiscono  la realtà come continua (di fatti  per duemila anni non si è colta  l’esistenza dei quanti di energia), cosa che deriva dalla fisiologica impossibilità degli organi di senso umani di rilevare le microscopiche distanze, e così di vedere compatti anche sistemi che non lo sono.

La seconda analogia è il riconoscere che la realtà è dominata dalla probabilità e non ricorre a forme di  determinismo automatico nei modi e nei tempi.  Ciò significa che il sistema della libertà tra i cittadini è il solo adatto a governare il convivere fondandosi davvero sulle scelte individuali di cittadini autonomi ed evitando di evocare masse indistinte di cittadini.

La terza analogia verte su ciò che insegnano le onde quantistiche, le quali  esistono solo in quanto insieme di soggetti diversi uno dall’altro, che allo stesso tempo  manifestano traiettorie simili mantenendo la propria diversità.  Nella convivenza umana,  questa terza analogia fa comprendere il dato che la propulsione all’agire risiede nelle scelte dei singoli soggetti diversi, che si esprimono disponendo ognuno di un uguale diritto legale nelle relazioni del convivere e per il resto manifestano scelte diverse in un ampio arco di possibilità.

La quarta analogia, visto che nella meccanica quantistica è provata la non esistenza della piena prevedibilità,  sta nel non ritenere il predisporre un progetto sufficiente a realizzarlo e perciò nell’esser consapevoli che ciascun progetto si realizza  a passo a passo. E che partecipare  alla convivenza  richiede di esprimersi  in modo propositivo, senza limitarsi al dissenso.

La quinta analogia è non smettere, al passar del tempo, di ricercare il conoscere ciò che ci circonda e di utilizzare i ritrovati tecnologici, senza cedere alla propaganda contraria basata sulla paura del nuovo e sul proseguire la tradizione ad ogni costo. Di fatti. l’aver incluso il probabilismo comporta l’ineluttabilità del cambiare e quindi impone l’adottare quale fattore chiave ineludibile il  tempo che scorre (oltretutto visto che l’intricazione che può esserci tra particelle quantistiche nega la stretta connessione spazio tempo supposta da Einstein, e rende non sempre operante il concetto di distanza nello spazio). Lo scorrere del tempo richiede di continuo nuove energie e risorse per alimentare i meccanismi vitali.

La sesta analogia sta nell’accettare che ogni umano  lascia una traccia nel mondo  solo con i suoi comportamenti e il suo manifestarsi pubblico. Ciò esclude il poter fare a meno di un’istituzione che raccolga le regole del convivere tra cittadini diversi. Vale a dire la suggestione  di abbandonare il fattore stato.  

La settima analogia si applica all’espandersi  capillare nel mondo dei collegamenti elettronici , con il risultato di colmare distanze enormi, di connettere sistemi politici opposti e di porsi al di là delle condizioni socio economiche dei territori. E’ un espandersi che rimane distinto dall’intricazione quantica. Che peraltro  – a partire da metà anni 1970 con l’avvio del connettersi di terminali e computer mediante reti diverse e poi dall’inizio dell’ultimo decennio ‘900 con il World Wide Web, i cellulari e il GPS – si è differenziato sempre più dal preesistente telecomunicare, così attuando un’interconnessione diffusa che offre servizi informativi e lavoro intellettuale a distanza, in tempi pressoché istantanei. Quindi aumentando ruolo e peso dei cittadini individui, con le conseguenti problematiche dell’integrare le  regole del convivere.  

Dar forza ad una formazione delle libertàAcquisire la consapevolezza politica del significato della meccanica quantistica riflesso nel campo dell’umana convivenza, fornisce un  ulteriore supporto all’urgenza di dare nuova forza ad una formazione delle libertà. Perché senza una simile formazione, il quadro politico è privo di un centro di attrazione per i cittadini liberali e di conseguenza è incapace di rappresentare le ragioni ineludibili della libertà individuale nel governare la convivenza alla luce dei risultati sperimentali. Di fatti, tutti i gruppi che esprimono movimenti non liberali (ancor peggio se illiberali) non sono in grado di assumere da soli provvedimenti ispirati alla libertà in modo concreto. Poiché, anche quando, talvolta, usano la parola libertà,  non vogliono dare alla libertà quel ruolo prioritario che ha nella vita quotidiana (ad esempio, basti pensare allo slancio contraddittorio con cui quasi tutti questi gruppi si precipitino a cercare, quasi si trattasse di uno spettacolo,  un  protagonista unico che incarni e capeggi  l’intera libertà individuale).

Deve anche essere sottolineato che una formazione della libertà si distingue non solo per i suoi contenuti di idee, ma anche per la maniera in cui esplica la sua influenza. A differenza dei partiti tradizionali – i quali intendono pesare solo in base al numero dei voti raccolti –  la formazione delle libertà  lavora soprattutto influenzando il dibattito delle idee, delle proposte e, con questo mezzo fondato sui risultati, tessendo alleanze con i gruppi più vicini. In tal modo applicano il criterio collaborativo del convivere, senza bisogno di appartenere ad una massa. Oltretutto tale   caratteristica ha l’ulteriore pregio di allontanare il ricorso non solo alla violenza fisica, ma anche alla violenza mentale (rifuggendo, ad esempio, da quella dei confronti tv dedicati ad urlare immersi  nel voyeurismo sociale).

Una siffatta formazione delle libertà deve impegnarsi ad individuare quelle che giudica essere in Italia, in ciascun momento storico,  le maggiori minacce al libero convivere.  Al giorno d’oggi queste minacce vengono in primo luogo da quanti  hanno abbandonato il grande progetto innovativo della libertà che costruisce l’Europa dei cittadini  abitanti i suoi territori, cosicché l’Italia è regredita  al sostenere l’odierna Europa degli Stati sovrani (e questa, neppure se  arrivasse a darsi la forma di  Stati Uniti d’Europa, potrebbe davvero, nel momento storico presente, realizzare una convivenza aperta  rispettosa dei principi della libertà individuale dei suoi cittadini). In secondo luogo tali minacce vengono non soltanto da  coloro che nelle istituzioni svolgono ruoli pubblici, in quanto rappresentanti eletti oppure funzionari in carriera, e non adottano i criteri della libertà individuale. Ma soprattutto  da coloro che svolgono funzioni di produzione o da coloro che operano nella comunicazione. Ambedue sono essenziali per riportare l’individuo e la conoscenza al centro della cultura diffusa nel paese.

I primi sono gli imprenditori, in specie quelli con aziende di notevoli dimensioni, i quali non devono pensare solo all’immediato profitto monetario, ma anche al valorizzare le singole attitudini dei dipendenti nel lavorare e nel conoscere. I secondi sono gli editori e i giornalisti, i quali non devono pensare solo a quanto vendono le loro testate, cartacee o via web, ma anche ad informare i lettori con notizie di ciò che avviene senza piegarle alle proprie convinzioni (altrimenti il giudizio è distorto, come ad esempio succede omettendo le annose responsabilità Nato in Ucraina, che hanno agevolato l’autocrazia russa). Un corretto agire di questi due gruppi – e del resto, ancor prima, della scuola pubblica, tenuta per natura all’imparzialità – è essenziale per sviluppare in ogni cittadino quello spirito critico che è l’effettivo motore del cambiamento e dello sciogliere i nodi vitali man mano che si presentano (restando all’attualità,  il regresso di non pochi Senati Accademici  incapaci di vedere la minaccia  in campo universitario  del montante pregiudizio illiberale, antiebraico e antiisraeliano).

IL mondo liberale, se vuole evitare di contraddire lo spirito della libertà, deve cessare di essere rinunciatario come è stato negli anni recenti. Diffondere le proprie convinzioni imperniate sulla libertà individuale non sono mai prediche inutili. Perché , nonostante le illusioni contrarie, la battaglia delle libertà richiede tanto impegno e deve essere incessante. La maturazione è sempre lenta ma i frutti saranno eccellenti e finiranno per ripagare il paziente lavoro civile. Che in ogni caso non si esaurirà mai.

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