IL TAGLIANDO ALLA RIVISTA NON CREDO

Sollecitato dal Direttore e letta l‘interessante riflessione su “Forme e Limiti della  Non Credenza” di Giancarlo Straini, non potendo intervenire all’incontro Vi invio questo schema  di mia riflessione circa il rivisitare  NON CREDO auspicato dal Direttore. Anche, devo dire, se non ne ho ben colto le ragioni, a parte quella ovvia del rinnovare ogni intrapresa dopo qualche tempo.

Inizio dall’osservare che la stessa periodicità bimestrale consiglia di mantenere l’anima della rivista. Anima che, a mio parere, consiste nel diffondere i principi sperimentali dell’impegno laico civile e della relativa consapevolezza (da far maturare il più possibile), che sono alla base dell’evolversi positivo della convivenza tra individui diversi, laici (moltissimi seppur minoritari) e non laici (la maggioranza).  

I principi sperimentali laici emersi nei secoli fino al 2021, sono lo strumento migliore perché si realizzi  la convivenza tra diversi più adatta a consentire che ognuno possa esprimersi e vivere come ritiene opportuno nel rispetto delle norme che nel tempo i cittadini diversi hanno scelto. Quelle norme che tanto più funzionano quanto più corrispondono all’esigenza di applicarsi alle diversità e di farle evolvere pacificamente  in libertà conservando le specificità che ognuno esprime.

Ne consegue che NON CREDO dovrebbe focalizzarsi sul cogliere negli avvenimenti del mondo (anche quelli passati ma con particolare attenzione a quelli attuali) le indicazioni atte a rafforzare nei lettori il volere norme e il praticare comportamenti diretti ad aumentare il tasso di laicità delle istituzioni, nella struttura e nel funzionamento effettivi.  Così assicurando che sia la diversità del cittadino l’anima vera e il motore della nostra Repubblica.  L’obiettivo di NON CREDO è dunque opposto all’intento di formare un cittadino modellato su una laicità ideale predefinita, uniforme e fuori del tempo, che non può esistere se non contraddicendosi. L’uguaglianza si limita ai diritti giuridici di ogni cittadino, non comprende la pretesa di rendere uguale l’esercizio che ciascuno fa delle proprie libertà. 

Da questo punto di vista, può essere esaminata l’eventualità  di una modifica del titolo della rivista. Di fatti il nome NON CREDO può anche venir inteso come un obbligo a non credere in campo civile.  Il che non è sempre detto, in quanto i laici riconoscono che le religioni, inadatte sperimentatamente nella storia a regolare la convivenza tra diversi, è fisiologico abbiano dei cultori riguardo ad aspetti della vita ancora non conosciuti, ovviamente restando separate dal lavoro  istituzionale indispensabile per convivere. Pertanto, considerato che l’esercizio dello spirito critico di ognuno in qualsiasi occasione  è la caratteristica precipua della laicità, potrebbe essere presa in esame una testata  denominata “SPIRITO CRITICO”, con sottotitolo “Nuova Serie della rivista NON CREDO di Religion’s Free”.

In ogni caso, la testata dovrebbe potenziare intanto l’uso del mezzo informatico e studiare la convenienza dell’adoperare il formato ebook  parziale od esclusivo, che potrebbe essere più veloce nei tempi di stampa e diffusione nonché mano oneroso. Quanto ai contenuti , sarebbe normale accentuare una ragionata attenzione ai fatti concreti – del passato (senza eccedere) e del presente (con frequenza più ampia) – lasciando alle questioni spirituali soprattutto , ma anche a quelle più strettamente filosofiche, solo lo spazio da dedicare agli aspetti culturali di opportuno contorno ai messaggi di realismo operativo che costituiscono il compito editoriale dalla rivista. Un’impostazione di questo tipo mantiene al riparo  dall’azione corrosiva che al giorno d’oggi stanno esercitando i social e  i tantissimi giornalisti al loro seguito, nel rilanciare di continuo una sostanziale disinformazione, sostituendo i fatti con i miti della notorietà e con il politicamente corretto voluto dai proprietari degli stessi social e delle testate giornalistiche, d’ogni tipo. 

Quest’azione corrosiva distorce la realtà. Che non è determinabile a tavolino e  che si svolge su un’ampia base di criteri probabilistici, i quali, ignorati, sono il motivo dei fallimenti della staticità e del determinismo.  La realtà dominata dall’incertezza probabilistica è la radice della laicità tra diversi quale motore dell’evolversi istituzionale,  un meccanismo da manutenere di continuo. Sono queste le ragioni di fondo per cui la rivista NON CREDO (o come si chiamerà) deve persistere nell’evitare la ricerca di un consenso acritico ed emotivo, che contraddice la natura della laicità  e ne vanifica l’azione. Il gradimento della rivista non deve mai disgiungersi dalla valutazione critica dei suoi contenuti, maturata in chiave bilaterale tra corpo redazionale e lettori.

La laicità rifugge concetti d’origine religiosa (nonostante vengano fatti passare oggi come di sinistra) quali la speranza nel futuro e nel sociale. Perché  non ha senso sperare nel futuro, visto che  in nessun caso sarà quanto scritto in qualche libro sacro e che sarà in larga parte  ciò che verrà costruito oggi dalle scelte di tutti i conviventi senza affidarsi alle illusioni (perciò è importante far pesare il più possibile i suggerimenti dello spirito critico). E perché il sociale è una teorizzazione concettuale, di nuovo di origine religiosa (nonostante venga fatta passare come il massimo di consapevolezza civica responsabile), concepita per nascondere la realtà della miriade di relazioni interpersonali dell’individualismo  metodologico tra un enorme numero di cittadini in carne ed ossa. Una teorizzazione utile nei fatti a chi intende sovrapporsi con un’autorità al cittadino che si autodetermina.

Ovviamente il compito di un bimestrale di cultura laica coerente, consiste nell’impegnarsi costantemente ad indicare ai lettori le fasi della continua sfida in corso nel paese tra autorità e libera autodeterminazione. Una sfida che è sempre cangiante nei duellanti e nei temi. Quanto ai duellanti, è importante non far mai dimenticare ai lettori che oggi il nemico della laicità  non è solo la Chiesa cattolica , dal momento che vi sono altri centri di attacco all’autonomia del cittadino. Al punto che talvolta non è neppure il nemico principale. Quanto ai temi è importante non far mai dimenticare ai lettori che non esiste solo il pericolo derivante da un’autorità religiosa che attenta alle libertà del cittadino, ma che non di rado c’è anche quello derivante da altre forme di rigidità nei rapporti civili in vari campi che si frappongono al libero esercizio delle libertà di ciascuno. A cominciare dalla disattenzione alle condizioni economiche di ciascuno (che non riguardano solo l’interessato) od anche da quel conformismo che omette le scelte del cittadino. Per esempio, la recente sentenza della Cassazione sul Crocifisso nelle aule, ha sancito il principio del non obbligo dell’esporlo ma non ha detto come potrà realizzarsi il ragionevole accomodamento previsto in sentenza quando non troverà la disponibilità di zelanti dirigenti scolastici  clericali (esterni alla Chiesa).

In  poche parole, un bimestrale di cultura laica  deve esser sempre schierato a sostenere in maniera motivata l’evolversi della convivenza tra cittadini diversi contro qualsiasi tentativo di imbrigliarlo per impedirlo e quindi per mantenere rigidi sia le istituzioni che gli usi pubblici. Deve  indicare la maggiore efficacia del metodo di agire per singoli punti e gradi  al fine di realizzare una riforma di libertà, senza trasformare chi adotta questo sistema monotematico in una classe privilegiata.  Deve  mostrare ai cittadini l’importanza laica di raggrupparsi con altri dotati delle proprie stesse caratteristiche di questo o quel genere , senza trasformare il gruppo in sigle  di presunta superiorità o valore mediatico. Deve illustrare come sia decisivo per i laici sciogliere i nodi  che limitano la libertà nel convivere, non limitandosi ad enunciare manifesti dichiarativi, bensì promuovendo norme  redatte in coerenza con le regole generali di libertà già esistenti  (impostazione di rado seguita, vedi l’attuale caso del ddl Zan).

Insomma. un bimestrale di cultura laica  deve tener presente in ogni momento che la laicità non può esser mai impositiva di un dover essere. Ed avere consapevolezza che la logica universalistica dei buoni contro i cattivi e dell’utopia, è antilaica nel profondo, perché implica un mondo perfetto di uguali mentre in ogni tempo esisteranno nel mondo vero coloro che, in ossequio alla diversità, NON sono laici

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