Sul discutere di e su internet

Intervento nella discussione on line del Partito Pirata

Confermato che secondo  me queste discussioni finiscono per esulare dalla nostra ragione sociale (e che per me sarebbe meglio restare a quest’ultima), consentitemi alcune considerazioni sulla mail cui rispondo ma anche su quella precedente di Bottoni ( ore 9,32) e su quella successiva di LordMax (11,47).

Concordo che la questione della libertà di e su internet è una tipica questione della cultura liberale. Mi rendo conto che ciò disturbi emotivamente molti, ma è così, non in teoria ma sulla base dei principi e dell’esperienza storica. Oltretutto, in generale, il tema stesso della libertà del cittadino come fulcro di ogni politica lo pongono  esclusivamente i liberali.

Restando comunque alla rete, questo non vuol dire affatto che sono solo i liberali a poterne parlare o che i liberali da soli hanno la forza per realizzare le migliori soluzioni o che si deve ricorrere ad un idolo liberale. L’ultima cosa qui detta sarebbe incoerente con il  liberalismo, la penultima non è evidentemente vera, la terz’ultima sarebbe di nuovo incoerente e sono proprio i liberali a non cercarla ( poiché sono i soli a fondare le proprie azioni sul presupposto delle diversità degli individui nella convivenza). Aggiungo come esempio, che quando Bottoni invia un link come quello di ieri per leggere l’articolo   The New Socialism: Global Collectivist Society Is Coming Online, fa molto bene sia come informazione sia come incentivo al ragionare sulle cose sia come modo di approcciare il ragionamento nel merito. Poi cede al sentimento della propria personalità e, pur riconoscendo i ( gravissimi)  limiti del marxismo, fonda tutte le sue speranze ( emotive più che strettamente logiche) sull’aggettivo NEW. Ora proprio Bottoni ha dato in questi mesi un esempio non banale di essere attento ai fatti. Allora, sperare nel NEW è del tutto legittimo ma i fatti sperimentali di 150 anni (facendo cifra tonda) di marxismo, un centinaio di leninismo e una ottantina di stalinismo,   hanno dimostrato sperimentalmente che il sistema comunista in pratica non funziona. E non funziona propria sul suo terreno. Quello della emancipazione umana e dei lavoratori.

Parentesi. Ciò non significa che tutta una serie di iniziative e lotte non siano servite a nulla, in molti casi sono servite ad attivare  alla maturazione del capitalismo. Però il crollo del capitalismo non si è verificato per la semplice ragione che  Marx non aveva colto ( e si potrebbe a lungo discutere se alla sua epoca avrebbe potuto coglierlo ) che il capitalismo non è statico ma contiene in sé la capacità di correggersi anche profondamente e di evolvere. In altre parole il capitalismo non è una classe bensì uno strumento usato da persone i cui rapporti evolvono nel tempo e che possono essi stessi mutare i loro rapporti economici e d’impresa e che tanto meglio lo fanno quanto più seguono la logica culturale del conflitto democratico tra diversi, cioè una logica liberale ( dico liberale e non di tipo liberale). In altre parole, il difetto sta nel manico, non negli epigoni Lenin (che pensava solo alla conquista del potere dando peraltro indicazioni molto penetranti se non si tiene conto degli aspetti del conflitto democratico ) e Stalin (che applicava diligentemente la logica  di classe fino all’orrore). Il manico sbagliato è appunto la chiusura agli individui, al tempo e alla realtà insita nella pretesa di socializzare i mezzi di produzione. Compiuto questo passo, non c’è verso, le conseguenze sono obbligate. Chiusa parentesi.

Trovandosi in questo quadro di  cose sperimentate nel reale,circa tre anni fa l’Associazione Pirata si è assunta il compito ( senza affrontare la questione di quale fosse il proprio filone culturale di riferimento) di fare una battaglia di libertà su un tema, quello della rete. E nel complesso non è stato fatto poco. Si può stracciare le vesti solo chi confida in una vagheggiata soluzione indolore e finale che magari scalda gli animi ma è fatalmente destinata a restare lettera morta. Ora, molti vorrebbero trasformare la tematicità dei pirati in un partito (il che pare allo stato dei fatti  un pò ardimentoso). In tal caso, insisto, è di sicuro ineludibile la questione di scegliere il filone culturale. Poi  emergerebbe urgente la questione del nome. Altri hanno già detto che il nome Partito Pirata va bene per un associazione ma non per un vero partito. Preciso che sarebbe subito oggetto di violente polemiche degli avversari e distoglierebbe l’attenzione rispetto alle vere  scelte di programma già fatte che verrebbero percepite come distorte, non come una occasione di libertà bensì come voglia di metodi sopraffattori (incompatibili con la libertà individuale). Già queste due cose renderebbero indispensabile anche una assemblea FISICA non frettolosa. Inoltre c’è la questione del lavoro politico e dei tempi. Di lavoro ce ne vuole tanto e i tempi saranno per forza lunghi. E se è possibile una speranza di scorciarli è legata semmai alla famosa scelta del filone culturale e al saltare di conseguenza su un tema rilevante che l’opinione pubblica condivide ( ma per essere un moltiplicatore forte delle nostre chances, dovrebbe essere un tema pressoché solo nostro, perché sennò è molto utile, come è stato per la mia area il battere il refererendum elettorale – www.battilo.it – ma fornisce ulteriori energie senza far esplodere il rilievo). L’organizzazione è senza dubbio opportuna ma anch’essa in nessun caso può sostituire la politica o comunque l’attività di natura sindacale in difesa dei valori di non chiusura della rete.

In conclusione, io credo che discutere con la frenesia browniana sia in sostanza inefficace , oltre che spesso estraneo all’oggetto sociale. Per chi pensa indispensabile fare il Partito, ho prospettato un percorso logico contro cui ci si può anche ribellare ( perché avvertito come troppo stringente) e che però è una dura necessità. Ovviamente, se poi si volesse scegliere un filone culturale e la scelta fosse quella liberale, allora potrei dare ulteriori contributi ed altri tipi di interlocuzioni. Occorre comunque prendere atto che perfino gli svedesi sono confluiti nel gruppo dei verdi ( di gran lunga il quarto gruppo) ,  e non nella sinistra unitaria europea, non nei socialisti , non ( ed è  più ovvio)  nell’Europa delle Nazioni insieme ai leghisti.

Questa voce è stata pubblicata in ARTICOLI e INTERVISTE (tutti), sul tema Proposte e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.