Una mancanza concettuale (a Ernesto Galli della Loggia)

Egregio Professore,

desidero fare un’osservazione sul Suo editoriale odierno dato che, sull’argomento Ucraina, i Suoi scritti sono stati ovviamente discutibili ma in nessun caso invasati come invece quelli di molti Suoi colleghi, tipo Polito, Cazzullo, Panebianco e, nella propria dimensione salottiera, Gramellini , che sostengono l’Ucraina a prescindere da ogni dato concreto, non so se per distorto approccio ideologico o per interesse spicciolo di rapporti amicali con gli ambienti della propaganda Nato.

In questa occasione , l’editoriale “L’Ucraina, la sinistra dei ricordi perduti” presenta una gravissima mancanza concettuale non nel richiamare le tre affermazioni attribuite alla sinistra e nel sottoporle a critica legittima e serrata, bensì nel voler esaurire l’esame della vicenda ucraina nella contrapposizione tra occidente e putiniani. Così l’editoriale trascura il macigno della malattia che sta corrodendo l’Occidente col proliferare dell’interpretazione che dell’Occidente diffonde il trio Blinken (ancor più di Biden), Johnson, Stoltenberg.

Questo trio ha innescato una massiccia campagna propagandistica (presa dagli eventi spettacolo) a sostegno dell’idea che la libertà dell’Occidente sarebbe un marchio imperiale e che perciò non potrebbe essere contestata da nessuno, tanto da considerare automaticamente un dissenso una minaccia esistenziale. Pretendere che la libertà abbia un marchio imperiale viola la fisiologia della libertà. Per il semplice motivo che la libertà è il metodo di confliggere tra giudizi ed interessi di cittadini individualmente diversi, dimostratosi il sistema di convivenza incomparabilmente più efficace nell’esperienza storica. Ma appunto confliggere tra diversi, senza avere mai la pretesa che tutti siano uguali (non a caso il comunismo e l’URSS sono stati sgretolati dal funzionare della libertà in un mondo di diversi).

Per tale ragione balza agli occhi la mancanza concettuale dell’editoriale in esame. Da per scontato che, nella logica antica degli stati di potere e basta, esista solo l’Occidente, con le sue ragioni e i sui interessi, mentre la realtà è che esiste anche la Russia di Putin. Rispetto alla normalità dei rapporti internazionali, non conta la circostanza che la Russia pratichi dei rapporti istituzionali contrapposti a quelli delle libertà civili dell’Occidente , appunto perché la libertà dell’Occidente non può avere un marchio imperiale e riconosce le diversità (anche quando non le condivide affatto). Tra l’altro, nella fattispecie ucraina, non si può davvero dire che nella condotta istituzionale di Zelensky stia prevalendo l’esercizio delle regole della libertà (che esigono il rispetto del patti sottoscritti) e il riconoscere la promessa autonomia al Donbass (questione dirimente per la Russia).

In conclusione, se l’editoriale si fosse occupato – oltre che delle contraddizioni della sinistra filoputiniana – della malattia nel corpo dell’Occidente infettato da chi non pratica il liberalismo e spesso ne rifiuta l’applicazione (ossessionato da impossibili paragoni storici con gli anni ’30 e ’40), allora non avrebbe potuto concludere che è sufficiente che l’Ucraina resista e che i Paesi terzi continuino ad aiutarla. Non avrebbe potuto farlo sia perché l’Ucraina ha tutto il diritto di resistere ma ciò non basta a qualificarne i comportamenti quali democratico liberali, sia perché continuare a fornire armi di ogni genere significa prolungare la guerra rischiando che essa si estenda sempre più e mettere davvero a rischio i rapporti di libertà tra diversi (non solo nelle analisi dei gruppi elitari in ambito militare e politico, che non tengono abbastanza conto della libertà reale e priva di marchio imperiale).

Questa voce è stata pubblicata in LETTERE (tutte), su questioni politiche, sul tema Fatti e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.