Lettera al Direttore del Corriere della Sera
Caro Direttore,
il confronto che il Corriere sta ospitando sul tema Referendum Elettorale, vede il Comitato Promotore, in ultimo con l’on. Segni, sostenere fatti che non corrispondono alla realtà.
Innanzitutto, la campagna contro questo referendum non è condotta da un pezzo di sinistra. In essa si impegnano tutti coloro che per costume stanno al concreto degli atti compiuti e non delle promesse a sfondo fantasioso. Noi siamo dell’area liberale, repubblicana e riformatrice ed abbiamo cominciato oltre un mese fà, ci sono esimi professori quali il prof. Sartori e il prof. Ainis non certo definibili quali esponenti della sinistra classica, e poi ci sono anche persone ed associazioni delle varie tendenze di sinistra, alcuni pure in aperto dissenso con il proprio partito , il PD. Dunque l’opposizione a questo Referendum è molto ampia , al di là della sinistra.
In secondo luogo non è vero che il risultato del Referendum lascerebbe immutato il premio di maggioranza. Al contrario, il referendum lascia immutato lo scippo delle preferenze a danno dell’elettore, ma in compenso innova, tornando al passato della legge mussoliniana, proprio dando uno spropositato e incondizionato premio di maggioranza al partito che arriva primo. Non più alla coalizione come è oggi.
I promotori cercano di sostenere che lo stesso premio di maggioranza può esserci con la legge attuale e che pertanto il Popolo della Libertà potrebbe oggi avere il 55% dei seggi anche senza la Lega. Chiunque prenda in esame i dati delle politiche 2008, può constatare che, oggi, se il PDL andasse da solo, la contromossa sarebbe facile. Ora il premio è alla coalizione e, volendo opporsi, se ne possono fare molte di coalizioni per escludere Berlusconi dal premio di maggioranza; viceversa, se fosse approvato il referendum elettorale, il premio andrebbe al primo partito, e in quel caso non sarebbe possibile, per incompatibilità politica, fare una lista unica degli altri partiti col programma unico di legge.
In terzo luogo, è un trucco portare come esempio la situazione inglese. Il sistema inglese non è bipartitico ( esistono almeno tre partiti, Laburisti, Conservatori e Liberali che sono stabilmente tra il 18% e il 32%) . E poi i risultati elettorali non sono paragonabili poiché in Inghilterra il sistema elettorale non è proporzionale, bensì maggioritario di collegio, e dunque non esiste il premio di maggioranza voluto dal Referendum Elettorale e viene mantenuto il legame tra ogni eletto e il suo collegio.
In quarto luogo, non c’entra niente e comunque è un gioco di propaganda, contrastare gli oppositori di questo referendum presumendo una loro strategia contro il bipolarismo. Non c’entra niente perché in un referendum abrogativo, non contano le intenzioni ma i risultati, e i risultati di questo referendum ci riporterebbero indietro di 85 anni alla legge mussoliniana. Inoltre non è affatto vero che chi non è per il bipolarismo automaticamente è per il proporzionale. Anzi . Chi scrive , insieme ad altri quattro dirigenti del vertice del PLI di allora, è stato tra i 57 promotori in Cassazione del referendum di riforma elettorale del 1993. Anche allora, il fine non era affatto il bipolarismo, bensì il maggioritario di collegio. Dunque la vera alternativa non è tra bipolarismo e proporzionale, bensì tra bipolarismo e pluralismo. Ed è forse anche per la sotterranea propensione di alcuni al bipolarismo strutturale che nell’ultimo quindicennio si è sempre ostacolato il diverso tipo di bipolarismo solo elettorale, espresso dalle coalizioni di progetto per governare, preferendo invece le coalizioni chiesa per promettere e per dividere. Perseguire il bipolarismo strutturale è legittimo ma attenta al pluralismo.
Questi sono i dati di fatto per cui vogliamo battere il referendum elettorale ’09 utilizzando anche lo strumento del “voto non voto” previsto dall’art.75 della Costituzione.