Scritto per la rivista NON CREDO rubrica Franciscus dixit
Papa Francesco prosegue nella sua opera di trasformazione di non pochi strumenti dell’organizzazione della Chiesa. I mezzi di informazione, nel loro tipico clima di conformismo acritico, lo seguono con l’abituale interesse enfatico verso le vicende della Chiesa e in più con i toni ammirati per quello che definiscono l’indirizzo innovatore di Francesco. Peraltro, guardando a ciò che avviene in Vaticano dall’esterno del mondo religioso, va detto che il conformismo acritico non permette una valutazione realistica dei fatti.
Prendiamo le novità annunciate i primi di giugno: la modifica del Diritto Canonico nella parte delle sanzioni penali. Intanto, i delitti di abuso sessuale su minorenni o adulti vulnerabili e di pedopornografia divengono “delitti contro la vita, la dignità e la libertà dell’uomo”. Per la Chiesa è una novità, ma nel mondo dei laici è un adeguamento molto tardivo, che ancora una volta conferma la grande lentezza con cui in Vaticano si affrontano i problemi reali del convivere umano. Inoltre, per gli stessi delitti saranno perseguibili pure “i fedeli laici che godono di una dignità o svolgono un ufficio o una funzione nella Chiesa”. Anche qui, è un provvedimento che in qualche modo allinea il Vaticano alle norme ordinarie nelle democrazie, tagliando commistioni e privilegi prima esistenti nei corridoi vaticani. Meglio tardi che mai.
Poi c’è l’inserimento nel Codice di Diritto Canonico, tra i delitti contro i sacramenti, del reato di ordinazione sacerdotale di una donna. Un reato che viene punito con la scomunicaautomaticadi chi ha effettuato l’ordinazione e di chi l’ha accettata. Questa scelta è una conferma inequivoca della struttura tradizionale della Chiesa. Costruita intorno a figure maschili, alla donna riconosce solo il ruolo di madre. Un ruolo che valorizza nella sua specificità e anche sotto gli aspetti affettivi ed educativi, che però non è mai sufficiente per riconoscere che l’essere di sesso femminile è pari a quello di sesso maschile nel poter svolgere tutti gli ordinari compiti nella comunità ecclesiale e nell’aspirare in essa ad incarichi del più alto livello. Una simile concezione è legittima per chi, credente, la condivide. Però non si può affermare in alcun modo che corrisponda alla realtà emersa progressivamente nei secoli. Il fattore che fa evolvere il mondo al passar del tempo non è la forza fisica bensì la capacità intellettuale di conoscenza dei meccanismi della vita umana e ambientale in maniera sempre più vasta e approfondita. E su tale capacità intellettuale, femmine e maschi si equivalgono. Come in svariati aspetti della vita quotidiana.
Va per di più osservato che ribadire tale struttura tradizionale è un modo perfino brusco di chiudere il discorso per richiamare all’ordine i non pochi movimenti cattolici che sostengono il sacerdozio delle donne in tutta Europa. Questo modo brusco fa riflettere anche su un altro aspetto importante. La procedura usata per inserire il reato di ordinazione sacerdotale di una donna, è una riprova ulteriore di come sia completamente differente, per i cattolici e per i laici, il senso del termine partecipazione. Per i cattolici partecipare significa riconoscersi nelle riunioni della comunità al fine di meglio celebrare le indicazioni del pastore, che vanno seguite e basta. Per i laici partecipare significa riconoscersi nelle riunioni con gli altri cittadini per discutere e per scegliere tra le varie proposte secondo le regole vigenti. Perciò, partecipare per i cattolici è seguire l’autorità del Dio e dei suoi rappresentati in Terra, per i laici è promuovere il confronto tra quanto propongono i diversi individui conviventi e scegliere in base ai risultati, reiterando le scelte e l’esame dei fatti.
Il concetto di partecipazione intesa quale strumento per ubbidire meglio all’autorità, lo ha ribadito Francesco in persona nel promulgare la Costituzione Apostolica di modifica del Codice Canonico. Infatti, Francesco ha scritto che “è stato seguito il principio di ridurre i casi nei quali l’imposizione di una sanzione è lasciata alla discrezione dell’autorità, così da favorire nell’applicazione delle pene l’unità ecclesiale, specie per delitti che maggiore danno e scandalo provocano nella comunità”. Parole esplicite che sottolineano la concezione tradizionale della Chiesa accentrata (“l’unità ecclesiale”), che ha l’intenzione di ridurre sempre più i margini discrezionali perfino all’interno della gerarchia. Principio opposto al metodo della partecipazione laica.