Sulla dote ai giovani

Qualche giorno fa, il segretario PD Enrico Letta ha dichiarato, insieme ai vice Tinagli e Provenzano, che “ci vuole una dote per i giovani, finanziata con una parte dei proventi della tassa di successione”. Specificando che “la dote ai 18enni da finanziare non con il debito ma attraverso la parte più ricca della popolazione, l′1%, con la tassa di successione “. In questa proposta, l’accento non sta sul dare una dote ai giovani, ma sull’indicazione per finanziarla. Il che fa luce sulla reale finalità politica. Sottolineare che il PD fonda la sua politica sulla lotta ai più ricchi al fine di avere le risorse per interventi sulle classi più deboli come quella dei giovani.

Questa proposta ha avuto l’immediato altolà del Presidente del Consiglio Draghi, con le parole: “Non ne abbiamo mai parlato, non l’abbiamo mai guardata. Del resto non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli”. Risposta sintetica e molto efficace per richiamare l’attenzione sul problema politico attuale, rilanciare le condizioni di vita quotidiana. Ciò ha spiazzato il PD. E così Letta ha replicato che Draghi fa il premier e lui il segretario di un partito di sinistra. Mentre il vice Provenzano ha rilanciato affermando che “tassare l′1% più ricco non è prendere: è restituire alla società”. Quindi tornando alla lotta di classe.

Lo scambio di idee è molto istruttivo. A parte la frangia che tuttora ritiene la ricchezza un furto e così rifiuta l’esperienza di vita, anche l’impostazione di Letta finisce per trascurare quello che è il principale obiettivo politico odierno, in vista del post covid19 : il rilancio della produzione nel paese. Il che vuol dire ricreare le condizioni minime di vita. Per questo motivo Draghi dice “non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli”.

E’ una sorta di conflitto nel mondo cattolico. Perché anche Draghi si è formato dai gesuiti, ma rispetta la realtà economica delle cose. Invece Letta appartiene al filone dei cattolici molto affezionati all’idea che i problemi sociali si affrontano togliendo ai ricchi. Sarebbe residuale far funzionare lo Stato per garantire il rispetto dei diritti di chi non ce la fa e per lasciare il più libero possibilel’apparato produttivo , a cominciare da quello privato.

Letta, per nascondere questa sua scelta politica di tipo dottrinale, si scherma dietro l’insistenza di Einaudi a sostegno dell’imposta di successione. Ma è un autogol. Einaudi, fautore della libertà di intraprendere e della concorrenza individuale, voleva evitare forme di monopolio che avrebbero soffocato sia l’intraprendere che la concorrenza. E perciò alla sua epoca era giustamente un accanito fautore dell’imposta di successione. Appunto per agevolare la capacità di produrre attraverso la concorrenza. Mentre oggi nel 2021, a parte che successioni e donazioni hanno regole più complesse, la questione immediata è rimettere in moto la struttura economica italiana , perché possa produrre. Solo dopo si potrà distribuire (anche perché non è distribuibile ciò che non è stato prodotto, salvo scatenare la lotta di classe).

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