L’articolo di Michele Salvati sulla favola dei due centri (Corriere del 17 agosto) mette a fuoco una significativa caratteristica dei cosiddetti moderati dei due poli: in ogni coalizione, le loro posizioni più innovative vengono sacrificate a quelle di chi sostiene la protezione conservatrice. Tuttavia il prof. Salvati pare non vederne la ragione di fondo e dunque non propone una terapia.
La ragione di fondo è la debolezza in Italia dell’area politica liberale. Fino a che questa area non si irrobustirà, i moderati resteranno moderati fatalmente destinati ad essere soggiogati da quella pancia conservatrice che nelle due coalizioni difende la rendita delle corporazioni e l’immobilismo. Così l’Italia non uscirà dalla palude del declino. L’area politica liberale è la sola che per natura persegue la libertà di ciascun cittadino, la conoscenza, l’innovazione, la concorrenza, l’espansione del mercato e l’eliminazione della rendita, il rigoroso rispetto delle regole e il penetrante controllo della gestione pubblica, senza intoccabili e senza autoesenzioni. Gestire la cosa pubblica è un compito temporaneo gratificante di per sé, mai un’occasione di privato guadagno, diretto o indiretto.
La terapia è far divenire le idee liberali la caratteristica portante di uno specifico gruppo politico. Che non sarà centrista (perché la libertà è ovunque) e neppure terzista (perché i partiti sono tanti e il sistema maggioritario ne è l’opportuno complemento per spingere a coalizzarsi su temi e per tempi definiti). Sarà il gruppo che si propone ai cittadini che per essere responsabili vogliono innazitutto una appassionata politica per la libertà. Occorre smettere di ritenere che ogni cittadino sia solo un conservatore disposto a irreggimentarsi a difesa dei propri privilegi, pochi o tanti che siano, e che, come scrive Salvati, la sola speranza di innovazione sia riuscire “a guadagnare il consenso di una maggioranza che richiede soprattutto protezione”.
Di certo il cittadino percepisce molto più di quanto si creda il clima dei grandi dibattiti culturali. E se di fatto in Italia si continua a tacciare il liberalismo di essere residuale, passatista, elitario, rischioso, individualista, a nasconderne la reale presenza internazionale e a posporlo sistematicamente al valore della sicurezza, del conformismo, dell’arricchimento, del populismo, del successo senza merito, del vincolo “di cuginanza”, è poi difficile poter costruire una coalizione intorno alle idee e alle proposte liberali. Il metro liberale deve essere adottato all’inizio e alla luce del sole. Quando il metro delle coalizioni è lo stare di qua o di là, o con il berlusconismo illiberale o con la sinistra comunista, non ci si deve lamentare che dopo le elezioni il vincitore non sia in grado di realizzare una politica (abbastanza) liberale. Una coalizione di centro sinistra non può che fondarsi su un programma ( questo è il senso profondo delle primarie ) e la credibilità di questo programma dipende dal percepibile apporto dato da un gruppo dichiaratamente liberale, senza se e senza ma.