Replica a chi prende sottogamba il NON voto il 12 giugno

Il commento di Paolo Grifagni fatto ieri su Critica Liberale prende molto sottogamba la questione del non andare a votare domani. Inizia minimizzando l’argomentare dell’articolista (peraltro non riducibile ad una difesa d’ufficio) e prosegue subito paragonandolo all’invito di Craxi nel ’91 ad andare al mare (dimenticando che allora il referendum puntava ad introdurre la preferenza unica, obiettivo chiaro e circoscritto, osteggiato da Craxi e dal PSI). Passando contestualmente a sentenziare prima che “incitare a non votare al referendum non mi sembra il modo adeguato per difendere a Costituzione” (ma come fa a parlare di difesa quando è la stessa Costituzione che fissa per gli abrogativi il quorum del 50%+1?) e poi a sancire che “ incitare ad astenersi dal voto non mi sembra una posizione espressione di un pensiero laico e liberale” . E questo è davvero troppo. Perché è vero il contrario.

Sono i laici ed i liberali pressoché gli unici a sostenere che è necessario comportarsi applicando le proprie idee. In questo caso, siccome i cinque referendum compiono un errore nel merito di ogni quesito e danno un messaggio istituzionale pericoloso con il negare che la giustizia sia frutto della democrazia rappresentativa e del Parlamento, è fisiologico che laici e liberali intendano far bocciare i cinque quesiti.

Al fine di raggiungere l’obiettivo, utilizzano lo strumento dell’art. 75 della Costituzione. I referendum abrogativi sono validi solo se partecipa al voto la maggioranza degli aventi diritto. Si tratta di un aspetto essenziale della politica civile: siccome fare le leggi spetta al Parlamento, cancellarne una in tutto o in parte esige che abbia votato almeno il 50%+1 . Ciò significa perciò che le modalità a disposizione del cittadino per esprimersi non sono solo DUE , bensì TRE, il SI, il NO e il non votare nell’URNA. In pratica, secondo il dettato costituzionale, nel caso dell’art.75, il non voto è un scelta che esprime in termini netti il rifiuto di usare il referendum per abrogare le norme indicate nei quesiti. E’ un errore grave dire, come fa Paolo Grifagni, che ciò “piega l’istituto ai propri interessi e cioè al desiderio di vedere fallita l’iniziativa referendaria”, dal momento che il referendum intende appunto avere la misura di quello che i cittadini preferiscono. Tutti i cittadini, qualsiasi cosa pensino e comunque scelgano. Questa non è “la facile via di uscita costituita dal mancato raggiungimento del quorum necessario”, proprio perché costituisce esattamente l’obiettivo della verifica attraverso il voto della volontà dell’intero corpo elettorale.

Da rilevare che il medesimo ragionamento di chi sostiene il non andare a votare nell’urna di questi referendum abrogativi, lo fa stamani Francesco Bei a nome di Repubblica . Tanto che riconosce dichiaratamente sia opportuno votare No oppure non recarsi al voto per non consentire il raggiungimento del quorum. Anche se poi all’ultima riga non si accorge di contraddirsi denominando astensione il non votare. Perché astenersi vuol dire rimettersi alla volontà altrui, mentre il non voto ex art.75 della Costituzione indica la precisa scelta di bocciare i quesiti abrogativi. Comunque è un passo avanti significativo che, dopo settimane di battaglia solitaria, il Comitato Il NO mediante il NON sia stato alla fine affiancato da un quotidiano così autorevole. Speriamo sia un indice foriero di successo.

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