Di nuovo sulla malattia del’Occidente (a Franco Chiarenza)

Caro Franco,

avevo alcune obiezioni di fondo circa la tua risposta del 27 maggio, cui non ho replicato in considerazione del suo essere pacata e cortese. Tuttavia, proprio varie notizie di stamani, tutte rientranti nella linea cui mi sono sempre riferito, stanno incrementando evidentemente la tendenza bellicista (per di più incoerentemente negata) degli atlantisti di tipo imperialistico e della grande maggioranza della stampa italiana, ormai non in grado di esercitare la propria funzione professionale. E ciò mi induce a ritornare su quelle mie obiezioni.

Tu hai basato la Tua risposta sull’assimilare la stampa ai social , definiti “ oggi il principale veicolo di informazione e di scambio di opinioni” e sostieni che nei social dilaga un giustificazionismo inaccettabile in sostanziale appoggio a Putin, il che motiverebbe per te il comportamento acriticamente filo americano della stampa. Il mio dissenso è sull’assimilazione. I social rompono il circuito informativo sia nel rapporto temporale relativo alla notizia sia nel completo non utilizzo dello spirito critico del cittadino circa le notizie. Di conseguenza, stampa, TV, radio e social sono mezzi di informazione assai differenti e il funzionamento dei social non può giustificare la non professionalità degli altri mezzi. Semmai, e al contrario, usando la strada dell’assimilazione , ci si dovrebbe chiedere perché i social traboccano di giustificazionismo filo putiniano. Prova ad esaminare l’idea che, a differenza dell’epoca dei filo urss, oggi viene percepita assai più di prima quella che oggi io chiamo la malattia dell’occidente, e cioè la sua evidente propensione (nella sua parte più potente nel settore mediatico) di attribuire una valenza fisiologicamente incoerente alla libertà (nel frattempo comprovatasi il sistema più efficace per migliorare la convivenza) al punto dal non farla più funzionare o comunque farla funzionare assai di meno rispetto a quanti non la praticano per principio. Qui sta il vero nodo.

La malattia dell’Occidente non è Putin (e il suo sogno restauratore), è non sforzarsi abbastanza per applicare la libertà e le sue implicazioni. Che sono la diversità tra tutti i singoli individui conviventi e il praticare il continuo scambio di idee, merci, iniziative, sensazioni tra di essi. Tra l’altro un’applicazione che al passare de tempo è sempre cangiante, per gli umani e per le cose coinvolte. L’esperienza storica ci dice con chiarezza che questa è l’anima della libertà nella convivenza tra diversi. Viceversa, la pulsione dell’atlantismo distorto che vorrebbe imprimere alla libertà un marchio imperiale che non può avere, assume come impegno centrale il dover battere Putin e modificare gli assetti istituzionali russi (è stato detto più volte a fine marzo). Ciò fa arretrare di per sé la pratica della libertà a quella degli antichi stati di puro potere e non di libertà.

Tu sottovaluti questo aspetto sia nella risposta del 27 maggio sia anche nel tuo “guerra tiepida” sul Liberale Qualunque. In quest’ultimo pezzo fai pure considerazioni condivisibili, ma tutte riferite a cosa ha fatto (o avrebbe fatto) Putin e a quali risultati potrà ottenere. Eviti di riflettere su cosa dovrebbe fare l’Occidente, in considerazione ad esempio di quello che ha fatto in Ucraina tramite i consiglieri soprattutto Nato da una quindicina di anni (lasciando ad esempio che non rispettasse a firma del trattato Minsk2 concernente guarda caso proprio le regioni del Donbass, notoriamente molto care alla Russia) comportamento ucraino che poi ha indotto Putin a reagire con i suoi sistemi. Le nazioni che hanno a cuore la loro libertà non si comportano in modo da metterla in pericolo, salvo che, come nella fattispecie, siano state indotte a farlo con promesse di aiuti da parte di quegli stessi che volevano così soffiare sul fuoco.

E’ questo il nodo del mio dissenso. Non ti impegni sul curare la malattia dell’Occidente, consistente nel non tenere sempre comportamenti coerenti nel dare spazio alla libertà, alla diversità e agli scambi correlati. Che costituiscono la vera sua ricchezza politico culturale, che ne motiva la differenza dalle autocrazie. Ad esempio, in Italia una parte consistente della politica e dei suoi vertici istituzionali, continua anche oggi a far coesistere la denuncia delle sole colpe di Putin, ii non invitare Russia e Bielorussia alla celebrazione del 2 giugno e il profondersi a parole nella richiesta di pace (fingendo di non sapere che Putin chiede la fine delle sanzioni contestualmente all’inizio dei colloqui). Un comportamento insensato. Del resto, pretendere dei comportamenti davvero coerenti con la proclamata volontà di applicare la libertà, non è poi solo una mia pretesa di fermezza liberale. Rendiamoci conto che in questi giorni un certo mondo sedicente liberale viene superato sul punto dela ferma coerenza nel comportarsi (anche se in questione sono le armi) perfino dal Papa (e ben sai che non sono un suo fan) il quale in pratica ha rotto con diversi cardinali della CEI sulla propria presenza prevista ufficialmente e poi annullata ad un Convegno di tre mesi fa a Firenze sponsorizzato da mercanti di armi.

Insomma, la libertà del cittadino può vivere solo di comportamenti coerenti (a cominciare dall’accettare le diversità e promuovere gli scambi) non del gonfiare pericoli a fine di poter mostrare i muscoli della propria superiore efficacia civile. Dimenticandosi di questo dato sperimentale, la libertà regredirebbe alle epoche precedenti, ove erano ridotte la capacità di conoscere e quella di disporre di risorse, iniziando da quelle alimentari.

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