Il confonto sui diritti delle minoranze sessuali

Scritto per la rivista bimestrale NON CREDO

Il clima del dibattito recente circa il confronto in materia di diritti delle minoranze sessuali , è istruttivo sotto più aspetti.  I principali sono tre.  Il rapporto Stato Chiesa cattolica, il significato di dare  un indirizzo legislativo,  l’affrontare senza ideologia un ruolo pubblico.

Il primo aspetto. A giugno 2021, il Cardinale Gallagher,  segretario Vaticano per i rapporti tra gli Stati, consegnò al Ministro degli Esteri italiano una nota circa i contenuti del ddl Zan, giunto in Senato dopo l’approvazione alla Camera. Secondo la nota,  “riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato”. Nonostante il Presidente del Consiglio abbia detto in Senato “il nostro è uno Stato laico, non confessionale” –  il Ministro degli Esteri non ha saputo dichiarare “irricevibile” la nota (in modo da liberare il Senato dall’intervento della Chiesa) ed è rimasto immobile prigioniero dei suoi burocrati (l’ennesima prova che il M5S , utilissimo nel ‘18 per spezzare il governare contro i cittadini della sinistra e della destra, non riesce, per mancanza di cultura e di esperienza, a compiere scelte davvero coerenti a favore dell’affidarsi ai cittadini). L’immobilismo del Ministro non ha liberato il Senato dal macigno incombente. Così a fine ottobre, quando la rigidità dell’on. Zan invasato dal proprio sogno,  ha sbagliato i conti e la decisione dell’aula ha bloccato l’esame del ddl Zan,, la mancata dichiarazione di irricevibilità della nota  ha fatto apparire l’Italia un paese a sovranità limitata rispetto al clericalismo.

Il secondo aspetto. In una democrazia libera non si enunciano  intenzioni e principi ma si promuovono leggi che li applichino e coerenti al quadro complessivo. Viceversa, il gruppo PD si è trasformato in guardiano del testo Zan escludendo trattative sull’effettiva  formulazione  per tre mesi fino al giorno prima del voto.  Cioè fingendo che quel testo rispettasse i principi costituzionali e soprattutto supponendo di detenere sufficienti rapporti di forza (inesistenti). Così, invasati dalla propria tracotanza nel rifiutare la realtà, hanno preteso di imporre  la propria assurda tesi illiberale.

La tesi per cui, enunciare un’intenzione (nel caso il laicissimo principio  di chiedere una norma che favorisca il rispetto per la diversità sessuale ed impedisca l’odio e le discriminazioni) sia sufficiente per fare una legge  in tal senso. Non è così. Se una legge non ha un testo e un meccanismo coerenti con il suo intento, quell’intento  si dissolve e può persino contraddirsi.  Ciò è puntualmente avvenuto nel caso del ddl Zan, che nelle definizioni e nelle premesse del testo conteneva alcuni aspetti contraddittori, ai limiti della incostituzionalità, oltre che estranei  agli obiettivi enunciati. In ogni caso, di certo ritenuti tali da svariati gruppi di senatori (non solo della destra). Stante la situazione, la fisiologica prassi della democrazia rappresentativa  avrebbe chiesto una trattativa tra le due parti per gli opportuni aggiustamenti del testo del ddl Zan (cosa che il Segretario PD ha chiesto all’ultimo tuffo). Ma trattare doveva significare disponibilità ad accogliere le modifiche richieste. Invece nulla.

I guardiani del ddl Zan si sono ritenuti depositari dell’unica verità. Criterio sempre errato, ancor più se non si ha la forza per imporlo. I guardiani hanno perso  nelle urne per 23 voti, ma valutazioni assai realistiche indicano che, rispetto ai gruppi votanti alla Camera, è mancata una quarantina di voti , considerati gli aiuti venuti da Forza Italia. Eppure neanche la disfatta ha indotto i guardiani a più miti consigli. Il 31 ottobre Repubblica ha pubblicato una surreale intervista dell’on. Zan, che di tutto parla salvo che dei limiti del testo del decreto individuati pure dagli ambienti della sinistra, degli omosessuali e del femminismo. Giungendo ad affermare che continueranno a portare in parlamento la voce delle piazze. Sempre eludendo la questione  essenziale di quale testo dare alla legge.

I guardiani del Ddl Zan non riflettono sui gravi errori compiuti  protestano contro il comportamento da stadio del centro destra  dopo lo scatto della tagliola nel voto contro il ddl Zan, episodio esecrabile ma di scarso peso effettivo. Praticano la cultura  del voler imporre le proprie posizioni a prescindere dal confronto con i punti di vista diversi, nonché  rifiutando l’idea liberale per cui un principio concettuale aperto ai cittadini funziona solo se si traduce in un testo di legge coerente con la cornice della Costituzione. 

Il terzo aspetto. Esattamente negli stessi giorni del dibattito sul ddl Zan, la Cassazione ha respinto il ricorso di un istituto cattolico di Trento per non aver rinnovato nel ‘14 il contratto a un’insegnante dopo averne supposto l’omosessualità. La libertà di organizzazione dell’Istituto religioso  non legittima in Italia condotte discriminatorie. L’Istituto cattolico era stato condannato anche dalla Corte di appello nel  ’17, nonostante la difesa  a spada tratta del Presidente della Regione Ugo Rossi (oggi passato dagli Autonomisti ad Azione di Calenda) secondo il quale non sussistevano illeciti della scuola convenzionata per il servizio pubblico.  Questa vicenda rimarca che la libertà  individuale del cittadino di vivere il suo orientamento sessuale è un diritto irrinunciabile, così come lo è, in un paese regolato dalla laicità istituzionale, l’esercitare la libertà religiosa. Ma la libertà religiosa di una scuola parificata è esercitabile esclusivamente nei limiti previsti nell’ordinamento pubblico e dunque non è illimitata.

Sono tre aspetti che inducono ad adottare il metodo laico liberale quale bussola nell’incentrarsi sul cittadino ed il suo relazionarsi individuale.

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