L’articolo di Manfellotto sul Tevere che non è poi così tanto largo, illustra con efficacia il quadro politico operativo a proposito del Ddl Zan al Senato. Peraltro pare essere rassegnato alle ridotte dimensioni del letto del fiume. Eppure, nella vicenda attuale, esiste un rimedio contro la tendenza – innescata dalla nota verbale di monsignor Gallagher a nome dello Stato del Vaticano – al diminuire della distanza tra i due argini del Tevere.
Un rimedio reso agevole dalle dichiarazioni fatte, in ordine di tempo, dal Presidente della Camera (“il Parlamento è sovrano”) e dal Presidente del Consiglio ( “il nostro è uno Stato laico, non confessionale”). E al tempo stesso un rimedio reso indispensabile da una questione di principio (la laicità istituzionale) e da un dato di fatto (nessuno è in grado oggi di prevedere le conclusioni del dibattito sul del Zan). Oltretutto accompagnati da una chiara consapevolezza. Che, se la nota verbale del Vaticano sarà sul tavolo del Ministro degli Esteri quando il Senato prenderà la sua decisione, di qualunque tenore sia, ne deriveranno accuse alla Repubblica Italiana. Si scateneranno le polemiche contro il Parlamento che avalla l’anticlericalismo sorvolando sui difetti della formulazione Zan rispetto alla libertà di pensiero, nel caso il Senato approvi il ddl Zan nel testo attuale; mentre si scateneranno le polemiche contro il Parlamento succube delle indicazioni della Chiesa, nel caso il Senato apporti delle modifiche con ciò rinviando il ddl Zan alla Camera. Dunque il rimedio consiste nell’evitare che la nota verbale del Vaticano resti pendente sulla testa del Governo.
Alla luce delle dichiarazioni di Fico e di Draghi, tale rimedio sta dunque nella mani del Ministro degli Esteri Di Maio (oltretutto confortato dal fatto che il M5S si esprime da giorni contro l’ingerenza della Chiesa). Sarebbe perciò opportuno che il Ministro degli Esteri comunicasse presto al Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, che la nota verbale da lui trasmessa è irricevibile. Lo è in quanto argomentando “alcuni contenuti della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato“, non è un semplice giudizio negativo (del tutto legittimo) sulla formulazione del ddl Zan ma esprime la pretesa vaticana che il Concordato sia parte inaggirabile del processo legislativo italiano. Tanto è vero che dalle preoccupazioni ripetutamente espresse dalla CEI nell’ambito del dibattito politico culturale, il Vaticano è passato al piano internazionale e al citare il Concordato, pensato impropriamente come un vincolo.
Sta appunto qui la questione per cui l’Italia dichiara irricevibile la nota verbale di Gallagher. Che l’Italia, in quanto paese laico, pratica il principio di separazione Stato Chiesa. E dunque al fine di garantire le condizioni perché i suoi organi – in questo caso il Senato – siano liberi di effettuare le scelte ritenute opportune senza ingerenze di organismi religiosi. Il Tevere non può restringersi, semmai deve allargarsi.