Scritto per la rivista NON CREDO, n,29, rubrica Disputationes
Francesco ripete non di rado uno schema. Ai Vescovi spetta dialogare con le istituzioni, mentre “l’animazione cristiana dell’ordine temporale è compito specifico dei laici”. Tenuto conto che nel linguaggio papale il termine laico significa solo praticante cattolico non appartenente al corpo sacerdotale, i laici in senso proprio – e cioè quelli che in campo civile riconoscono solo la sovranità del cittadino – devono prenderne atto e confermare il rigoroso comportamento del separatismo. Per cui, da un lato, il dialogo Stato Chiesa ad ogni livello può riguardare esclusivamente la materia diplomatica per l’esercizio della costituzionale libertà di magistero religioso; dall’altro lato, all’animazione cristiana dei praticanti cattolici non può essere riconosciuto alcun tipo di privilegio politico civile rispetto alle richieste ed alle esigenze di altri gruppi di cittadini. Anzi, deve essere loro contestato – proprio in quanto rappresentano solo loro stessi e non la Chiesa – che la stessa pretesa di porre gli argomenti religiosi tra le materie da discutere in sede civile è un grave arretramento dei parametri della convivenza. Questi praticanti cattolici chiusi vanno avversati come pericolosi nemici della libertà civile.