La separazione tra cose pubbliche e cose religiose

Corrado Ocone ha scritto sul Riformista un articolo che si propone di andare oltre un saggio di Ferruccio de Bortoli, vibrante paladino del riconoscimento delle radici cristiane nella Costituzione europea e del tramonto della differenza tra laici e cattolici in Italia. Ocone ha il merito di far davvero un po’ di strada ma non tocca il punto cruciale, che è quello della pratica politica laica.
Il passo avanti sta nella conclusione che “il principio di laicità può esserci ancora utile” (con questi chiari di luna non è poco), da lui fondata sulla distinzione fra laicità e laicismo: “la laicità è un modo di distinguere e separare le sfere di competenza del sacro e dello Stato … e laicista è invece colui che non sa mettersi in discussione e che assume come dogma acquisizioni storiche concrete….. in una parola, laicità è un metodo, laicismo un sistema”. Poi però, forse perché influenzato dalla “insofferenza per le sacre vestali del laicismo all’italiana”, Corrado Ocone, fatto questo passo avanti, non approfondisce le implicazioni conseguenti. Eppure il punto chiave sta proprio qui.
In Italia, oggi, è preferibile coltivare l’insofferenza per le sacre vestali del laicismo all’italiana oppure valorizzare, nella cosa pubblica, la distinzione tra mentalità laico liberale e mentalità religiosa ? L’attualità e la forza della laicità stanno nel consentire di affrontare i principali problemi della convivenza moderna in un paese non abituato a confrontarsi con le questioni multireligiose e multirazziali. Questioni di convivenza attinenti la diversità e come tali non trattabili usando gli strumenti della Verità della fede, dell’omogeneità di cultura e di razza, delle prescrizioni di vita emanate dallo Stato e in generale della compressione della libertà individuale del cittadino.
Certo, ci sono anche i laici dogmatici, “i laicisti tutti di un pezzo” direbbe Ocone. E non sono davvero esempi coerenti di laicità. Tuttavia ciò non giustifica il porsi in posizione di indifferenza politica tra mentalità laica e mentalità religiosa e ancor meno l’applicare la teoria degli opposti estremismi, da una parte il fondamentalismo, dall’altra “i laicisti tutti di un pezzo”. Il fondamentalismo è il lucido e proclamato rifiuto della laicità e della libertà dell’individuo. “I laicisti tutti di un pezzo” saranno laici contraddittori e vuotamente dogmatici, ma non sostengono questo rifiuto né rappresentano una potenziale minaccia agli assetti strutturali della libertà e della democrazia. Viceversa, costituiscono obbiettivamente una minaccia, al di là delle intenzioni, coloro che vogliono il principio religioso della fede come fonte legislativa.
Ecco perché della laicità non si possono eludere le implicazioni operative. Va superata la tesi di Bobbio per cui una forza politica si potrebbe organizzare solo ispirandosi a visioni sistemiche chiuse e non al metodo critico. Oggi in Italia, il punto politico sta proprio nel capire che la laicità è un metodo critico che, in quanto tale, rappresenta una vera e propria scelta politico programmatica. Con un obiettivo pubblico preciso: varare assetti legislativi che privilegino il senso critico e la libertà individuale sul palcoscenico civile, sociale ed economico.
Nel saggio ripreso da Ocone, de Bortoli scrive che non c’è più il partito unico della fede, e così non tien conto né dell’automatico schierarsi dei “religiosi” in materia di ricerca, di scuola, di bioetica, di fecondazione assistita, di eutanasia, di aborto, di controllo delle nascite, di omofobia, di rapporti affettivi né dell’automatico conformismo massificante dei media a sostegno del crocifisso simbolo d’Italia ( eppure il Presidente Ciampi vuol dare ad ogni italiano il tricolore, non il crocifisso); poi scrive che non ci deve essere il partito unico della purezza laica, illuminista e giacobina. Ma queste parole sono solo un vuoto fantoccio polemico, perché nessun fautore della laicità si sogna di sostenere il partito unico-chiesa e tanto meno il giacobinismo della Dea Ragione in assetto rivoluzionario.
Oggi in Italia, è urgente che i fautori della laicità siano capaci di mobilitarsi quanto meno sugli stessi temi (e con lo stesso impegno) su cui quotidianamente si può constatare lo schierarsi dei conformisti e dei conservatori di ogni colore. Questi vogliono fare della fede una fonte legislativa e dell’omogenità razziale e culturale una precondizione della convivenza, i laici vogliono la libertà del cittadino prima di tutto e la diversità come fattore propulsivo di conoscenza e di vita, riconoscendo nella dimensione religiosa una essenziale funzione spirituale ma non una fonte legislativa. Per una stretta cooperazione tra i laici, basta e avanza. Del resto, la vicenda fecondazione assistita va molto al di là di una pur importante questione di genere. In gioco c’è la laicità delle istituzioni, che è il cardine della convivenza civile e che dunque non può ridursi ad affare di coscienza.
Insomma, sostenere la laicità, e quindi contrastare l’ illusione fuori tempo di cancellare la differenza politica tra laici e cattolici, non è far rivivere le guerre di religione. Al contrario, la sola via per non esasperare i conflitti di religione è quella della separazione tra cose pubbliche e cose religiose, una via che, specie in Italia, i liberali e i laici devono seguire con pacata, paziente ma ferma insistenza. Sarebbe meglio lo facesse anche tutto il mondo riformista, resistendo alle forti pulsioni compromissorie.

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