Trappole al cittadino nell’8xMille

Nel 2023, sul sito del Governo sono opportunamente illustrati natura e funzionamento dell’otto per mille a diretta gestione statale. La natura è la quota del gettito Irpef che ogni cittadino può scegliere di destinare allo Stato. Il funzionamento è   mettere la firma nel box dedicato allo Stato e , se il contribuente lo vuole, anche indicare il codice per la destinazione specifica: sul sito sono previste cinque possibilità, tra cui “Beni culturali”. L’illustrazione prosegue dettagliando ognuna di queste cinque possibilità e , a proposito dei Beni Culturali, indica tra le opzioni possibili il “Fondo edifici di culto o mobili, anche immateriali, che presentano un particolare interesse, ai sensi del Codice dei beni culturali”. Sembra una descrizione impersonale senza problemi, ed invece nasconde una trappola per la convivenza di cittadini autonomi.

La trappola si cela nel fatto che questo Fondo, il FEC  – che ha le radici nella soppressione (risalente al periodo 1855- 1873)  degli enti ecclesiastici secolari non finalizzati alla cura delle anime e nella confisca del patrimonio accumulato fino ad allora (onde eliminare i privilegi della manomorta dei beni cattolici), che è stato ripreso nel Concordato del 1929 e fissato poi, dopo il nuovo Concordato 1984, nell’art. 55 della legge 222/1985 – ha come missione istituzionale, la conservazione, il restauro, la tutela e la valorizzazione delle chiese ex monastiche o ex conventuali, annesse cioè ai monasteri e ai conventi soppressi dal 1855 al 1873. Perciò il FEC è dedicato ad edifici di interesse culturale che, vista la storia del nostro paese,  rientrano nell’esercizio del culto cattolico (di fatti il Fondo è sì un ente-organo del Ministero dell’Interno, però amministrato con un Consiglio di nove membri di cui tre designati dalla Conferenza Episcopale Italiana). Peraltro la trappola non consiste né in questa caratteristica di per sé e neanche nell’accollarsi  dello Stato tramite il Fondo di parte degli oneri del manutenere tali edifici. La trappola  consiste nell’inserire l’opzione “Fondo edifici di culto” entro la possibile scelta ottoxmille allo Stato  accoppiata all’altra possibile scelta dell’ottoxmille alla Chiesa.

Perché una trappola? Perché il cittadino che vuol finanziare la Chiesa (nei  tre settori di legge, il sostentamento del clero, le esigenze di culto, gli interventi caritativi) può farlo attribuendole il gettito del suo ottoxmille. Chi non sceglie  la Chiesa e invece da il proprio ottoxmille allo Stato, intende  contribuire a finanziare lo Stato. Tuttavia, l’opzione “Fondo edifici di culto” modifica la situazione. Di fatto introduce la possibilità di finanziare di nuovo la Chiesa mediante lo Stato. Il che contrasta con l’intento di chi sceglie di dare l’ottoxmille allo Stato. Insomma è una maniera furbastra per agevolare la Chiesa Cattolica. Né si può tirare in ballo la funzione adottata dallo Stato di contribuire in via ordinaria alla conservazione degli edifici religiosi storici. Perché questa conservazione è una funzione di sostegno all’esercizio di ciascuna  confessione, cui far fronte mediante le decisioni del Governo con il gettito fiscale (siccome si tratta di edifici usati tutt’oggi per svolgere i culti), mentre il finanziamento tramite il Fondo edifici di Culto viene attribuito al cittadino contribuente, e così fa credere che si alleggeriscano le decisioni pubbliche a favore della Chiesa.  Dunque, una trappola per il cittadino autonomo, cui vien fatta credere una cosa mentre la realtà è un’altra. E’ perciò necessario che i laici lo denuncino e ne stiano lontano.

Inoltre, visto che si tratta dell’argomento Fondo edifici di culto, va osservata un’altra cosa circa il suo patrimonio. Al momento attuale, dopo un quarantennio dall’ultima legge, non è affatto chiaro a chi, tra Stato e enti ecclesiastici, appartengano molti cespiti componenti tale patrimonio. Di fatti, visto che  la personalità giuridica è stata estesa ad ogni singola parrocchia e diocesi, nel decennio seguente alla 222/1985, interpretando il Consiglio di Stato l’amministrazione  consegnò in proprietà alcuni edifici sacri agli enti cui era stata riconosciuta la personalità giuridica. Dopo il 1995 tale procedura fu sospesa, viste le notevoli reazioni alla dismissione di immobili di grande rilevanza. Allora, il Ministero dell’interno sistemò i rapporti con l’autorità ecclesiastica mediante atti di concessione in uso a titolo gratuito e a tempo indeterminato. Ma la definizione della materia, per una serie di complicazioni procedurali ed indecisioni dei vari enti coinvolti negli anni – dalla Presidenza del Consiglio alle diverse Commissioni interessate per qualche titolo – resta ancora irrisolta. Di conseguenza sono non del tutto definite anche le problematiche degli oneri manutentivi (tanto che esiste pure qualche contenzioso). Anche sul punto il mondo laico dovrebbe chiedere di fare presto chiarezza.

Nel complesso, è evidente che nella materia ottoxmille il rapporto Stato Chiesa Cattolica è pervaso da consistenti ambiguità metodologiche. Questo articolo tratta del FEC, ma a giugno ho parlato di un altro raggiro al cittadino, quello dell’inoptato, un meccanismo pensato per vanificare nella sostanza le scelte compiute davvero dal contribuente e finanziare più largamente la Chiesa Cattolica. I due meccanismi sono analoghi nell’intrappolare i cittadini.  Danneggiano il rapporto effettivo tra Stato e Chiesa e non sono casuali, dato che favoriscono soprattutto i traffici dei clericali – incistati nei gangli della pubblica amministrazione – che sono massimi fautori dell’agire nell’ottica del potere di chi lo detiene a scapito dei cittadini individui.

E’ l’ora che i laici smettano di lamentarsi della Chiesa e agiscano contro i veri nemici clericali.

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