Nustriscore o il tentativo di imporre una dieta universale

Nel quadro del Green Deal, la Commissione europea si impegna a riformare il regolamento Fronte-pacco (1169/2011) per garantire ai cittadini una dieta più sana e sostenibile. Per la Commissione è urgente intervenire con politiche pubbliche per ridurre la cattiva nutrizione, l’obesità e le patologie a essa legate. Tra le proposte avanzate vi è la controversa introduzione di un sistema armonizzato di etichettatura dei prodotti, in particolare del Nutriscore (che qui non descrivo ma rimando a siti dedicati). Questo sistema a semaforo non è efficace ed è pericoloso perché riduce la libertà individuale, inibisce il senso critico e le conoscenze e minaccia uno dei fattori cardine dell’evoluzione e dello sviluppo: la diversità.

Vale la pena ricordare che non esiste studio scientifico che ne dimostri l’efficacia. Per questo, accetto solo e parzialmente l’obiezione per cui è poco diffuso. Al contrario, abbiamo una serie di solidi argomenti scientifici che dimostrano l’inefficacia dell’algoritmo su cui si basa il Nutriscore (tutti disponibili online). Mi basta segnalare che il Nutriscore è progettato per ridurre l’obesità, ma non ne considera le cause. Infatti, si limita a indirizzare il consumatore a ridurre alcuni nutrienti (grassi saturi, sale, e zucchero), e favorirne altri (proteine, vitamine, etc.). Questi però non sono la causa dell’obesità – grassi e zuccheri sono fondamentali in una dieta bilanciata – che va ricercata nel DNA, metabolismo, stile di vita, uso di farmaci, etc. L’obesità e la cattiva alimentazione sono riconducibili all’individualità della persona, che invece il Nutriscore ignora – non potrebbe essere altrimenti – e pretende di indicare a tutti ciò che fa bene o fa male. 


Qui sta il problema. Il Nutriscore manca di base sperimentale. Al contrario, la scienza è strumentalizzata per imporre un’idea fissa e determinare cosa è giusto o sbagliato. Siamo nella cornice di uno Stato  totalitario, in cui un gruppo di scienziati-sacerdoti, evitano di sperimentare, ma proseguono ciecamente sulla loro strada manichea. Non a caso è stato inventato in Francia (seppure sul semaforo britannico che però non è obbligatorio). Questo modello fisso, il cui algoritmo è modificato solo per ragioni politiche, è progettato per indirizzare il consumatore a comportarsi affidandosi ciecamente alle linee guida dello Ente etico superiore e supremo e all’uso ideologico della scienza (da parte degli scienziati eletti). Si tratta di un evidente indebolimento della libertà di scelta. Questa si fonda sul senso critico e quindi sulle conoscenze necessarie a compiere scelte consapevoli. Dovrebbero preoccuparsene anche i socialdemocratici che si battono per un’emancipazione delle masse attraverso l’educazione. Qui è lo Stato che sceglie per conto dei consumatori. Lo Stato liberale dovrebbe invece mettere il consumatore, attraverso l’educazione alle conoscenze, nelle condizioni di scegliere consapevolmente. 


Disconoscendo la diversità individuale, il Nutriscore finisce per abiurare la sana concorrenza. Imprese e imprenditori alimentari sono forzati a inseguire l’algoritmo per non perdere quote di mercato. Al di là delle pratiche scorrette (già in atto e per cui qualche Autorità regolatoria dovrebbe intervenire), si finisce per abbandonare le differenti ricette locali (ritenute non sane dai sacerdoti della scienza) per inseguire una generale omologazione alimentare. È stata definita come l’iPhonizzazione alimentare, cioè la ricerca di una dieta universale, che va bene a tutti, ovunque. Va bene soprattutto ai grossi gruppi che, in barba alla concorrenza, possono permettersi di inseguire economie di scala e economie di locazione. Non fa bene alle piccole e medie, non solo italiane, ma di ogni dove. 


Non insisto oltre, ma rimando ai lavori sulla dieta personalizzata che smontano alle fondamenta la necessità del Nutriscore

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