Scritto per la rubrica Disputationes della rivista NON CREDO n.50
Anche in Europa serpeggia l’impulso a generalizzare in base a categorie anti individualiste. A Londra una bambina cristiana di 5 anni, di una famiglia disastrata, è stata affidata dal Servizio locale a maggioranza musulmana, in 6 mesi due volte, a famiglie musulmane osservanti. Le quali, ossequienti, le imponevano di non parlare inglese, di non indossare la croce, di vestire il niqab, di non mangiare cibi con carne di maiale, di imparare l’arabo, di non credere a Pasqua e Natale. Il che ha fatto gridare allo scandalo anche in Italia per i danni dell’integrazione forzata. Ma qui non c’entra il conformismo multiculturale. E’ stata una scelta dissennata di quei londinesi, che ha aggravate le difficoltà della bambina affidandola a famiglie chiuse nel loro estremismo (che non è solo cosa islamica, ricordiamo il caso Mortara della seconda metà ‘800 in cui Pio IX fece rapire un bambino ad una famiglia ebraica di Bologna per allevarlo cristianamente). Tra l’altro la legge inglese già prevede che gli affidi tengano conto delle caratteristiche religiose, linguistiche, culturali ed etniche. Tanto che il caso si è risolto perché una nonna della bimba ha fatto richiesta di prenderla con lei e il giudice ha accolto la richiesta. Il giudice è un musulmano praticante.