Le intese dello Stato 2

Scritto per la rivista NON CREDO n. 22, rubrica Disputationes laiche

Nelle Disputationes n.15, trattai delle Intese dello Stato in base all’articolo 8 della Costituzione. E notavo che in punto di logica il concetto di Intesa contrasta con l’articolo  7, dato che, se tutte le religioni sono libere, non si dovrebbe preferirne una. Comunque questa è la strada seguita fin qui  dall’arzigogolare tipico del clima italiano: lo Stato è incompetente in materia religiosa però da uno speciale riconoscimento ad una religione.

In realtà, il punto nodale è  dare per scontato che l’aiuto della Chiesa sia indispensabile per lo Stato  e per la convivenza. Le cose sono cominciate a cambiare un poco dagli anni ’70, epoca delle iniziative laiche di respiro, che si sono poi arenate con il Concordato 1984, con cui, pur eliminando la religione di Stato, si è perpetuato il principio concordatario già  cancellato per i paesi democratici perfino dal Concilio Vaticano II a metà anni ’60. Dopo il nuovo Concordato, si cominciò ad utilizzare anche l’art. 8 con le religioni che ne facevano domanda e così, senza fretta, ne vennero man mano stipulate sei nei dodici anni successivi completate dalle rispettive leggi, e poi altre sei nel 2007. Dal 2007 a tutto il 2011 nessuna Intesa stipulata si è tradotta in legge. Poi, guarda caso non essendo più al governo il centro  destra, a fine luglio s2012 ono arrivate le traduzioni in  legge per le Intese con la Sacra Arcidiocesi Ortodossa, con i Santi degli Ultimi Giorni, con gli Apostolici, e nel mese di dicembre per quelle con i Buddisti e con gli Induisti, lasciando alla prossima legislatura l’ultima Intesa 2007, quella con i Testimoni di Geova.

Questa situazione, che senza dubbio costituisce un progresso pur non esaltante, emana un profumo di separatismo, perché concretizza diritti e specificità di ciascun culto e di ciascun suo credente evitando discriminazioni. Però il profumo resta vago. Ciò dovrebbe indurre il mondo laico a riflettere sull’urgenza di porre apertamente con più decisione il problema di utilizzare il principio della separazione Stato religioni come cardine della laicità istituzionale. L’estendersi delle Intese sta delimitando  i privilegi in campo religioso riconosciuti ai cattolici ma è tempo che si cominci a pensare ad eliminare i privilegi anche in diversi altri campi della convivenza. Il principio di separazione serve a questo, ad innescare il superamento della concezione concordataria.

Due esempi specifici: la questione otto per mille e la questione islamica. Nel caso otto per mille (cui finora non partecipano i battisti), il problema sta nel criterio di ripartizione. L’otto per mille delle imposte sui redditi – somme che appartengono allo Stato e non sono elargizioni aggiuntive dei cittadini – viene ripartito non in proporzione alle scelte complessive dei cittadini, ma attribuendo la percentuale corrispondente alle mancate scelte di nuovo alle religioni già indicate. In pratica, come conteggiai in Disputationes n.15, siccome le scelte non fatte sono intorno al 60% e la Chiesa riceve il 90% di quelle fatte, avviene che circa il 54% per cento corrispondente ai fondi non scelti si somma a quel 36% delle scelte fatte a favore della Chiesa. Insomma, il criterio seguito avvantaggia finanziariamente parecchio – a danno dallo Stato – la confessione con più fedeli. E ciò nel clima dei privilegi concordatari ad una religione.

In secondo luogo, aleggia il fantasma dell’Intesa che non c’è, quella con i musulmani. Viene motivata  con un ragionamento burocratico. L’intesa non ci può essere siccome i musulmani non hanno una struttura organizzativa che li rappresenti. Il che è vero ma non casuale, dato che  nella religione musulmana il rapporto è diretto tra il fedele e il Dio senza  un’organizzazione intermediaria. Siccome l’unico legame tra chi prega è la personale fede nel Corano, le comunità musulmane non hanno per tradizione  struttura legale o suffragi. Peraltro, ormai diverse associazioni islamiche sono costituite con atti pubblici (e stanno anche cercando di federarsi), però viene fatto muro contro un possibile riconoscimento perché questo aprirebbe la strada a nuove Intese: e nuovi partecipanti (due milioni di persone, tanti sono in Italia gli islamici oggi)  andrebbero a ridurre assai le entrate dell’organizzazione religiosa destinataria della maggior parte delle somme inoptate con l’otto per mille.

In ambedue i casi, sarebbe assai importante il  principio separatista che innesca il superamento della concezione concordataria. Il Concordato distorce clima ed  impasta la convivenza della logica dei privilegi, compromettendo parecchio la libertà del cittadino.

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