Il problema c’è da anni ma due articoli lo stesso giorno nella pagina del commenti del Tirreno – provenienti da due parti politiche contrapposte e su un tema importante per la convivenza – esigono una puntualizzazione chiara. I Progressisti in Cammino danno per certo che la gestione del sistema idrico sia un assetto misto privatizzato (auspicandone la ripubblicizzazione) mentre la Lega del Consiglio Regionale annuncia che la raffineria di Stagno è di proprietà dell’ENI, cioè di un privato, il quale illude sulla bioraffineria e non segue gli indirizzi UE. Non è vera nessuna delle due asserzioni che definiscono private gestioni che non lo sono. La gestione del sistema idrico, fin dai tempi del referendum sull’acqua nel 2011, è per oltre il 90% di varie società partecipate a larghissima maggioranza pubblica; mentre l’ENI è del 30,33% dello Stato e del 48,29% di Investitori Istituzionali, cioè, come tutti riconoscono, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha il controllo della gestione.
L’errore odierno dei Progressisti in Cammino e della Lega non è peraltro isolato (affermano lo stesso praticamente tutti i gruppi politici) ed esprime la mentalità corrente nel paese, distorta nel profondo. Secondo cui, solo la parte pubblica, sarebbe in grado di assicurare gestioni più efficienti e più eque di beni pubblici, come l’acqua o come il trattamento dei rifiuti. Tesi smentita dai fatti reali. Nel settore acqua le tariffe sono alte e gli acquedotti presentano disfunzioni molto gravi; mentre nel settore dei rifiuti sono alti i livelli di inquinamento e l’ENI recalcitra (producendo CO2 dagli inceneritori di vecchia tecnologia) sulla linea verde imposta dall’UE da un biennio (e oggi condizione per avere i soldi UE del PNRR). Eppure in tutti e due i casi, la proprietà rientra nel pubblico, che per di più non esercita i controlli sulla gestione e i suoi risultati. Tuttavia la tesi errata viene usata lo stesso perché rassicura i cittadini sventolando la speranza che, se lo Stato non funziona, è colpa del partito che non lo fa funzionare (e così il dibattito verte solo su di chi sia la colpa).
E’ ora che gli italiani smettano di affidarsi all’emotività delle favole loro propinate e riflettano sui dati reali. Il settore dell’acqua potabile, quello del trattamento rifiuti e in generale l’intera macchina pubblica, non sono teoria bensì meccanismi reali, il cui funzionare dipende da una serie di fattori noti, che devono svolgersi con precisione e con professionalità. Chi sia il proprietario, conta solo nella misura della sua capacità di far ruotare efficacemente il meccanismo. Mentre è decisivo che la pubblica istituzione svolga il compito principale (specie nel caso di impianti di servizi civici), che è quello di controllare che gli impianti funzionino correttamente.
Nei casi in esame, le istituzioni non svolgono bene né il ruolo dell’esser proprietari (come sono) né, ed è ancor più grave, i controlli sul come funzionano gli impianti. Il tutto con costi enormi di tipo sociale (i disservizi subiti dal cittadino) e di tipo democratico (perché i costi dei disservizi e dell’opaco sistema degli utili filtrati dai burocrati delle concessionarie e dell’ENI, sono a carico dei contribuenti).
E’ indispensabile ed urgente che i cittadini divengano consapevoli che svolgere bene il loro ruolo è la sola strada efficace. E perciò concentrino l’attenzione sul funzionamento effettivo degli strumenti utilizzati per i servizi pubblici, fondando il proprio giudizio di elettori su questo aspetto , non su promesse utopiche e ancor meno sulle amicizie.