La misura della laicità

Il 28 marzo è stato aggiunto all’articolo di sotto il seguente riquadro:

Il Papa ha ritenuto opportuno disporre che, in epoca di COVID19 , non si svolgano le funzioni religiose alla presenza dei fedeli. Così  non si alimenta la catena dei contagi. E’ una decisione saggia che preserva la loro salute fisica. Sull’argomento, dal punto di vista laico, va rilevato che il Papa ha riconosciuto la necessità di affidarsi in simili frangenti  alle indicazioni della scienza piuttosto che alla religione. Se estendesse siffatti riconoscimenti, sarebbe ancora  meglio.

Articolo scritto per la rivista NON CREDO numero aprile 2020

Quanti mi leggono su Non Credo da qualche anno, sanno già  che non concepisco una laicità  anticlericale. Una simile  concezione era motivata alle origini dalla necessità di battersi contro un’istituzione religiosa oppressiva nei fatti della libertà di pensiero individuale; però al passar del tempo – e al progressivo prevalere laico nella cultura della convivenza – la laicità si è evoluta per la stessa propria fisiologia interna. Questo perché è una concezione strutturata in modo assai differente dalla  religione.

Negli umani, la religione è una risposta innata alla paura di quanto al momento non è conosciuto. Nella tradizione italiana, su spinta  dell’istituzione religiosa, ciò si è tradotto nell’idea che la sola risposta efficace all’ignoto è aver fede nella verità del Dio onnisciente ed onnipotente. Poiché la fede in Dio, seguendo il suo verbo diffuso ogni giorno dall’organizzazione che si pone quale sua rappresentante in terra, consente di  ricavare le indicazioni sul futuro e sul come andarvi incontro.  E’ evidente che questa impostazione si radica sul terreno della certezza e della dottrina, lasciando all’umano il ruolo di vivere su quel terreno quale suddito, in vista del giudizio post mortem commisurato sull’aver o meno corrisposto ai precetti avuti in vita.

La concezione laica appartiene ad un altro piano. In sostanza per due aspetti. Il primo è che impernia l’attività umana sulla conoscenza acquisibile passo a passo mediante l’esercizio, da parte di ciascuno, dello spirito critico e di osservazione sperimentale degli avvenimenti nel mondo circostante. Il secondo, conseguente al primo, è che  il fulcro della laicità è l’individuo nella sua diversità, nel fisico, nell’intelletto e nell’esperienza, che convive con altri individui avvalendosi tutti di uguali diritti pubblici. Dunque l’impostazione laica valorizza il singolo cittadino, affidandosi alle sue valutazioni, alle sue iniziative, al suo confliggere secondo le regole scelte da chi convive. Non lo valorizza per caso. Lo valorizza perché, in base all’esperienza, ha capito che la vita è essenzialmente il tempo che procede e si  accompagna a molti cambiamenti in modo ineluttabile. Affidarsi ai diversi singoli, è il modo per  stare il più possibile dietro ai cambiamenti nel tempo. Cambiare non significa rivoluzionare distruggendo il passato, bensì evolvere utilizzando il passato per provare ad andare oltre i suoi limiti

La concezione laica ha soprattutto una conseguenza. Supera l’idea di un libro sacro statico nel tempo cui assuefarsi. I precetti della laicità delineano un metodo di vita per ogni individuo, un metodo che attiva, secondo il luogo e l’epoca, una migliore  convivenza tra diversi. Un precetto simile non esclude le varie scelte personali ma non ne impone nessuna. Così  la laicità è per non credenti e per credenti.

Peraltro i laici che credono, neppure quando il loro credo richiede di essere interpretato dai suoi fedeli, adottano i principi religiosi  quale norma per regolare la convivenza civile.  E questo perché qualsiasi laico ha ben chiaro che, siccome la convivenza è  tra diversi, il valutare i fatti conosciuti e costruire politiche per affrontare preparati il futuro del quotidiano, spetta al senso critico di ognuno e al conflitto democratico nel quadro delle regole istituzionali. E che invece  l’atteggiamento di fronte all’ignoto e ai limiti delle capacità umane, non rientra in quelle loro spettanze e varia a seconda della mentalità individuale. Ragion per cui in quest’ultimo ambito (eccezion fatta per la ricerca) è naturale che ancor oggi tantissimi cittadini non vogliano privarsi di una fede religiosa, atta a confortarli con l’offerta di una spiegazione non sperimentabile. Che ha il vantaggio, secondo quei cittadini, di farli sognare di conoscere evitando loro di doversi rassegnare al non conoscere tutto.

Per questi motivi la laicità è connessa inscindibilmente alla libertà civile di credo. Né vuole mai  vietare o limitare una religione purché non pretenda di farsi stato (da qui l’estraneità della laicità alla cultura marxista e ai suoi prodotti).    Tale atteggiamento, da quando ha iniziato a manifestarsi, ha cambiato del tutto il modo usuale di concepire la convivenza, vissuto nei secoli e nei millenni anteriori. Prima  la convivenza  si dispiegava attorno al livello della tradizione, del potere e del prestigio specifici della  famiglia d’appartenenza o dell’attività esercitata; con la concezione laica, ciò che prevale è la qualità del prodotto con cui ciascun cittadino esprime la propria iniziativa nei vari settori, economici, culturali, relazionali.

Adottando un simile metodo, la laicità ha raggiunto, in un tempo di qualche decennio, risultati di conoscenza, di tenore di vita e di convivenza aperta, che altri sistemi non hanno mai conseguito. La laicità si impernia su umani usciti dallo stato di natura, più consapevoli di sé e insieme del convivere con gli altri. Ma anche più consapevoli, nonostante si continui ad ampliare il conoscere, del fatto che restano sempre molte cose del mondo ancora non conosciute. Non tutti accettano davvero questi due limiti. Così tanti preferiscono ricorrere nel privato, anche quando lo manifestano in pubblico, all’aderire ad un credo religioso. Nelle cui spiegazioni trovano appunto conforto rispetto al buio.

In questa cornice, l’evocare un Dio può far parte della convivenza dei cittadini. Anzi è cosa parecchio frequente tuttora. Del resto, la laicità , proprio perché ha superato la pratica del libro  sacro che da certezze e  detta regole, di una simile  evocazione  non si  rammarica né deve farlo. Ad esempio negli Stati Uniti, un paese dotato di strutture civili tra le più laiche, il nome di Dio è citato di continuo, appunto perché viene usato senza implicare alcun riferimento all’organizzazione pubblica civile.  Così citare Dio non influisce su una solida laicità nelle relazioni tra i cittadini, istituzionali e private. Del resto, un altro paese come la Francia, che ha da oltre un secolo una legge molto chiara in materia di laicità pubblica, la applica con rigore nel quadro della libera convivenza (incluso il divieto di esibizione di simboli religiosi troppo manifesti a scuola o di indossare il velo integrale in pubblico o di ostentare simboli religiosi in parlamento). Eppure il suo Presidente in carica non evita ambigue attribuzioni di atti terroristici all’islamismo radicale, senza operare una distinzione laica tra il credo dei responsabili e i precetti del loro credo in sé.

Prendere coscienza che la laicità non si misura col non evocare Dio, serve a ribadire  che tale metro si trova invece nell’applicare di continuo il principio laico nelle decisioni istituzionali. Quindi occorre partire dal battersi per uno Stato che sia religiosamente neutro (e pertanto separato dalle religioni praticate in libertà nel proprio territorio) e che faccia regole laiche per la convivenza. Ma non può bastare. Un separatismo istituzionale è necessario ma non sufficiente. E’ indispensabile alimentare di continuo la laicità diffondendone  a livello culturale ed operativo il metodo della tolleranza e della centralità del cittadino. Insomma, in coerenza con il suo modo di essere, la laicità ha bisogno non di essere celebrata quasi fosse  un altare religioso, bensì di essere davvero praticata nel convivere quotidiano.  Tanto più che – anche qui in coerenza con il suo modo di essere – la laicità è consapevole (e non è disturbata da questa consapevolezza) del fatto che in ogni momento esistono molti nemici dei principi laici. Il che implica l’impegno fattivo per evitare che le pressioni di tali nemici possano far breccia nell’opinione pubblica riuscendo a diminuire (se non a venire meno) la fiducia  nel principio di laicità.

In conclusione, il mondo laico non può mai dimenticare  che la laicità è un prodotto derivato dall’esperienza di vita e che, per non contraddirsi, non può mai prescindere dai ritmi della vita. Rinunciando all’illusione del sognare, esprime le proprie capacità compiutamente riempiendo il tempo reale della vita.

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