Articolo scritto per la rubrica Disputationes della rivista NON CREDO n. 57
Su NON CREDO scrivo da anni che i laici devono impegnarsi a diffondere tra i cittadini il principio di separazione Stato religioni, nella consapevolezza di avere come avversario non la struttura Chiesa cattolica bensì il radicato conformismo sociale delle usanze antindividualiste. E’ il mezzo per valorizzare di continuo la diversità dei cittadini e quindi rendere migliori i loro rapporti. Nel proprio ambito, la Chiesa , fautrice di una religione, è libera di esprimere il proprio credo nel rispetto delle norme; mentre, per convivere le regole pubbliche laiche adottano la neutralità in campo religioso e si battono contro i fautori del conformismo verso ogni autorità. Muovo da qui per chiarire in partenza che il presente articolo riferito all’ultimo scandalo emerso nel Rapporto della Corte della Pennsylvania durante il periodo di ferragosto a proposito di oltre mille casi di abusi minorili da parte di sacerdoti (oltre 300 accusati) in 70 anni , concerne solo gli aspetti generali della vicenda rientranti nella vita quotidiana e si pone al riguardo un interrogativo di rilievo circa la sostanza civile della libertà di religione.
La castità sessuale
Dal punto di vista laico, in situazioni di tale tipo, è impossibile non riflettere sull’influenza del voto di castità sessuale fatto dai religiosi cattolici (siccome la castità prolungata è innaturale per gli umani e, se obbligata, provoca negli adulti coinvolti grandissime difficoltà fisiche e mentali, fino all’età della vecchiaia piena). Di fatti in ogni parte del mondo vi sono sacerdoti che non rispettano il voto accompagnandosi a altre persone e talvolta anche lasciando la tonaca. Ovviamente il violare il voto liberamente espresso, appartiene alla religiosità di ognuno e non interessa i laici ed i rapporti del convivere civile. E’ altrettanto evidente che una violazione del voto che riguardi il codice penale, interessa la convivenza e dunque i laici. L’abuso sessuale di minori ne è un caso esemplare.
L’indignazione per gli abusi di minori
La questione non è teorica. Nelle varie parti del mondo si verifica un diluvio di abusi sacerdotali di minori, che vengono alla luce nel tempo e indignano un po’ tutti. Però l’indignazione ha caratteri diversi per i laici e per i religiosi. I laici si indignano per i comportamenti degli adulti responsabili del reato (ritenendo un aggravante etica il comportarsi all’opposto del credo professato ufficialmente) e possono prendersela formalmente anche con la Chiesa nei casi in cui la Chiesa non rispetti l’obbligo per il cittadino, qualora nel paese esista (in Italia non c’è), di denunciare i reati di cui viene a conoscenza. La gerarchia della Chiesa, invece, quando viene a conoscere (al di fuori della confessione, coperta dal segreto in termini religiosi) un fatto di abuso su minori commesso dal clero, si indigna e oggi (fino a qualche tempo fa prevaleva la tendenza ad insabbiare) punisce i responsabili con decisione a livello religioso e basta; peraltro all’interno della comunità cattolica permangono fortissime polemiche perché per tanti le linee guida interne ai vari episcopati dovrebbero prevedere per la gerarchia ecclesiastica l’obbligo di denuncia alle autorità civili anche quando in quel paese un obbligo non vige per il normale cittadino (oltretutto, senza denuncia, si aiutano i colpevoli a raggiungere la prescrizione).
I comportamenti della Chiesa rispetto agli abusi
Stando così le cose e dato che al giorno d’oggi, sulla scorta di esperienze millenarie, l’abuso sessuale di minori è un reato, dal punto di vista laico il particolare rilievo di questo tipo di abuso praticato da appartenenti ad ordini religiosi sorge se dalla Chiesa si pongono ostacoli ad averne notizia o se nella Chiesa si manifestano condizioni di vita che di fatto favoriscono l’abuso.
Visto che la libertà di religione è un cardine della laicità, la questione degli ostacoli può essere risolta solo introducendo l’obbligo, per i membri di ogni organizzazione civile o religiosa nel paese, di denunciare i casi di abusi sui minori di cui vengono a conoscenza (salvo nel corso della confessione). Avvenuta la denuncia, opera la procedura prevista nell’ordinamento della Repubblica. I laici devono impegnarsi subito al riguardo (almeno per estendere alla categoria dei sacerdoti l’obbligo del certificato anti abusi introdotto nel 2014) , anche perché in Italia la CEI continua a tenere una posizione molto più arretrata, ad esempio, degli episcopati USA e Irlandesi. Infatti, là le linee guida degli episcopati prevedono da anni l’obbligo per i sacerdoti di denunciare gli abusi su minori, mentre la CEI teorizza la possibilità di collaborare con l’autorità italiana solo nei casi già noti su cui l’autorità civile sta indagando (altrimenti l’amore religioso per il fratello che sbaglia, escluderebbe la denuncia; un argomento che, fondato sul consegnarsi all’autorità divina, rifiuta il concetto stesso di convivenza gestita dai cittadini). La posizione CEI è così arretrata che sta suscitando frizioni con lo stesso Vaticano. Dunque è indispensabile che i laici chiedano un preciso intervento legislativo per rimuovere i ritardi originati dalla Chiesa nel venire a conoscere gli abusi sui minori da parte del clero.
Quale è la causa del diluvio di abusi sui minori fatti dal clero in misura così superiore alla media?
Il secondo caso è più complesso. Come ovvio , il manifestarsi di condizioni di vita che favoriscono l’abuso sui minori, si riferisce al paragone con la vita quotidiana fuori degli ordini religiosi e ad episodi non derivanti da una denuncia effettuata. L’interrogativo è quale possa essere il sintomo del manifestarsi di tali condizioni favorevoli. Un’indicazione inequivoca è fornita dal diluvio di abusi sessuali sui minori che è emerso in giro per il mondo. Qui non c’entra alcuna vecchia propensione anticlericale. La percentuale di abusi sui minori da parte di appartenenti a ordini religiosi cattolici è enormemente superiore a quella riscontrabile tra i normali cittadini per la stessa fattispecie. Talmente più grande – da 20 volte ad oltre cento, mettendo a confronto la percentuale del numero di abusi di religiosi deviati rispetto al corrispondente totale dei religiosi, con la percentuale del numero degli abusi di cittadini deviati rispetto al corrispondente totale dell’intera popolazione – da suggerire vi sia una causa incentivante.
L’incentivo non può essere il voto di castità in sé. Il richiamo sessuale può essere agevolmente soddisfatto tra adulti mentre il rivolgersi verso minori è un rimedio non spontaneo, che lo è tanto meno quanto più il minore è lontano dalla maggiore età. Non si può pensare neppure ad una sorta di rito di iniziazione, incoerente in un ambito religioso teso a preparare ad una vita senza sesso. Peraltro, un incentivo ci deve pur essere, stante la vastità del fenomeno di cui anche i vertici della gerarchia hanno ormai preso atto abbandonando l’atteggiamento di minimizzare se non di nascondere.
Non a caso il 20 agosto scorso papa Francesco ha rivolto una lettera al popolo di Dio sulle atrocità degli abusi dei sacerdoti venuti alla luce in Pennsylvania. Una lettera appello scaturita dalle prese di posizione di Benedetto XVI circa dieci anni fa – forti ma che non riuscirono a far breccia nell’ambiente – e poi dai vari interventi normativi dello stesso Francesco (a cominciare dalla legge del luglio 2013 che introdusse il reato di pedopornografia seguita nel marzo 2014 dalla Commissione per la tutela dei minori in cui stavano anche degli abusati). Peraltro una lettera che trova un mondo ecclesiale recalcitrante ad affrontare le ragioni dell’argomento abusi sui minori senza cercare colpevoli per omessa vigilanza. Tanto che mons. Viganò, ex nunzio a Washington da tempo in stretto collegamento con gli ambienti conservatori avversari di Francesco (nel settembre 2017 insieme gli avevano addebitato sette eresie), ha nelle stesse ore diffuso una lettera di 11 pagine in cui accusa i tre ultimi pontefici di non aver fatto abbastanza contro chi abusava i minori. E in particolare chiede che Francesco si dimetta per la debolezza verso gli abusi criminosi di un quasi novantenne cardinale americano, McCarrick, e ciò nonostante che a giugno 2018 lo stesso Francesco lo abbia privato della veste cardinalizia. Questo atteggiamento recalcitrante – a parte esprimere una lotta di potere ecclesiale fino alla strumentale richiesta di dimissioni – equivale a voler depistare l’attenzione dalla radice culturale del problema qui trattato, pretendendo di ridurla a responsabilità solo personali nell’agire e nel controllare.
Due possibili cause del diluvio di abusi del clero sui minori
Una prima ipotesi sulla radice culturale potrebbe discendere dagli stessi vecchi comportamenti negazionisti della Chiesa cattolica. Essendo un atteggiamento notorio, non si può escludere che esso abbia determinato una specie di selezione polarizzata delle nuove leve del clero. Sono spinti a intraprendere la carriera sacerdotale in particolare quei giovani che, avvertendo in sé l’attrazione verso i minori, preferiscono appartenere ad una organizzazione che, al di là dei fermissimi proclami, di fatto non è punto rigida nel perseguire tali forme di sessualità distorta, invisa ai cittadini. Il diluvio di abusi sui minori espresso dalla grande percentuale di casi rispetto al mondo esterno, troverebbe allora un primo fondamento in una selezione dei sacerdoti viziata in partenza dall’eccesso di aspiranti predisposti al rapporto sessuale con i minori. E’ verosimile supporre che la posizione determinata assunta oggi dalla lettera da Francesco al popolo di Dio, potrebbe riuscire a creare le condizioni per tagliare alla radice questa falla nel reclutamento.
Una seconda ipotesi da non trascurare sta nelle conseguenze più riposte del modo di essere spirituale della Chiesa cattolica. La piena libertà di religione praticata dai laici non li esime dal rilevare che tanto più la dottrina religiosa viene seguita adottandone alla lettera tutte le verità e i precetti enunciati, quanto più viene ridotto lo spazio e l’esercizio dello spirito critico di ogni appartenente al clero che la segue. Infatti, dal punto di vista della fede che si riconosce nella verità, lo spirito critico non è un’attitudine rilevante. E’ però rilevante, e molto, per valutare individualmente la coerenza tra i principi adottati e i comportamenti di vita tenuti. Così, tale caratteristica di ridotto spirito critico nell’armamentario culturale del sacerdote pare essere un aspetto non eludibile nel ricostruire ciò che matura nei comportamenti interni alla Chiesa cattolica.
In più sensi. Il ridotto spirito critico porta a non avvertire l’abissale incoerenza di praticare una vita individuale contraria sia ad un precetto di fede sia ad una norma dell’ordinamento dello Stato sancita penalmente. Porta a sottovalutare la necessità che il proprio desiderio sessuale si eserciti nel rispetto della volontà degli altri individui. Porta a praticare con chi ci circonda – in specie le persone più giovani – un rapporto distorto dal voler inculcare le proprie idee e principi al posto del far maturare una formazione attenta al mondo e all’importanza dello spirito critico nell’osservare e nel valutare persone e cose. In pratica, il ridotto spirito critico favorisce un’attitudine a praticare un rapporto con il nuovo clero improntato al voler assoggettare le coscienze al conformismo verso l’istituzione Chiesa quale fonte terrena del vero (secondo il principio che i fallimenti degli uomini non possono sminuire la luce del Vangelo). Una simile attitudine distorta del modo di essere spirituale (rispetto alla realtà) presenta le caratteristiche essenziali per essere la vera origine di quel clericalismo alla base dell’omertà che per decenni ha fatto da schermo agli abusi sui minori dei sacerdoti.
Un sostegno al principio di separazione
Facendo questa osservazione sui motivi del diluvio di reati per abusi sui minori, i laici non intendono interferire con la libertà religiosa. Trovano però inequivoca conferma a quanto vanno sostenendo da moltissimo tempo: il metodo di gestione della Chiesa cattolica non può avere alcuna pretesa di fare parte del governo dell’istituzione pubblica. Perché è fondato sull’idea della verità di fede e dell’autorità gerarchica; perché respinge come diabolico l’apporto dello spirito critico individuale e della sperimentazione, vale a dire appartiene inevitabilmente ad un mondo passato inadatto ai ritmi della diversità caratteristica della vita pulsante.
Di fronte al nuovo pericolo del dilagare nella convivenza delle conseguenze degli abusi sui minori , i laici devono lavorare, confermando l’impegno sulla libertà religiosa, perché il Vaticano, secondo la linea della lettera sulle atrocità degli abusi, non si limiti agli atti autoreferenziali di contrizione religiosa ma dimostri la propria vicinanza civile alle preoccupazioni dei cittadini italiani rinunciando ai privilegi di potere gestionale datigli dal Concordato e accettando la separazione Stato religioni.