NOI LAICI DECIDIAMOCI AD AGIRE SULLE REGOLE PUBBLICHE

 

Scritto per la Rivista NON CREDO

 Anche se l’attenzione al mondo è nel nucleo della laicità, il nuovo modo di Francesco di trattare le questioni religiose ci impone un’attenzione ancor più viva e un’azione determinata.

Il punto di partenza è dismettere le vecchie impostazioni anticlericali e marxiste, che purtroppo restano anche se ormai inadatte. Ad esempio il nuovo libro di Flores d’Arcais “La democrazia ha bisogno di Dio” Falso! , al di là delle pregevoli affermazioni sul carattere antiautoritario della democrazia basata sulle scelte e sul controllo di ognuno, continua a discutere un falso problema vecchio stampo, l’escludere o no Dio nello spazio pubblico.  Chi basa la convivenza sulla diversità dei cittadini, non può escludere il Dio dallo spazio pubblico perché tanti cittadini credono in un Dio. I laici coerenti lo sanno. E dunque non escludono un Dio dallo spazio pubblico ma sono determinati ad escludere la religione dalle scelte pubbliche e a volere la neutralità istituzionale. Insomma, un conto è riflettere in teoria su religione e laicità, un conto è scegliere regole e comportamenti per favorire la convivenza tra diversi, credenti e non credenti. A quest’ultimo fine, ci vogliono libertà di culto e separazione Stato religioni.

Ciò precisato, i laici non possono mai ridurre l’impegno sulle illibertà civili già note e non ancora rimosse. Insieme, devono cogliere i sintomi dei problemi civili che di continuo si profilano. Quindi, per non farsi ipnotizzare dal ciclone Francesco, innanzitutto non devono cadere nell’attitudine a cancellare le differenze culturali e ad inventarsi cambiamenti inesistenti nella dottrina di Francesco rispetto a Benedetto XVI (la prima enciclica di Francesco è opera  dichiarata di Ratzinger). Devono piuttosto prendere atto laicamente delle novità che Francesco manifesta nel linguaggio,  nell’approccio agli esseri umani e nel descrivere i compiti missionari della Chiesa. E constatare che queste novità non toccano i fondamenti della laicità.

Sono novità che tolgono a credenti e non credenti facili bersagli polemici. Quali la commistione Chiesa affari dei cristiani da salotto e dello IOR, il rimpianto per il tramontare del passato, le accuse demolitrici della modernità, l’eccessivo insistere su aborto, omosessuali e contraccezione, l’insufficiente approfondire il ruolo della donna, la tendenza a considerare la Chiesa una protezione per non uscire dalla mediocrità. Insomma la scelta religiosa della Chiesa di Francesco è alleviare il male effettivo del mondo piuttosto che pensare a fuggire dal mondo. È praticare più  la prossimità umana che non insegnare la fede, nella certezza che la prossimità è il concretarsi della verità della fede.

Questa scelta religiosa  – che appunto toglie argomenti critici ai masochisti che radicano nella Chiesa i mali italiani – dissolve anche le incrostazioni curiali e riesce pure utile nella battaglia dei laici contro le burocrazie civili dei cattolici chiusi che soffocano l’Italia. Peraltro resta una scelta nell’ambito religioso, distante dalla laicità sul piano culturale, sul cardine civile  della diversità di ogni cittadino e sull’interloquire a proposito di regole civili. Dunque i laici non debbono fremere in attesa di novità impossibili e neppure dire, come ora fanno perfino laici non alieni da venature anticlericali, che Francesco mostra aperture non trascurabili al concetto di laicità. Ciò non è vero proprio stando alla sostanza di quello che Francesco va ripetendo: solo nelle ultime settimane, nella lunghissima intervista a Civiltà Cattolica, nel colloquio con il fondatore di Repubblica, nella visita ad Assisi.

Insiste che il solo fine della Chiesa è la salvezza delle anime in vista della vita eterna promessa dal Vangelo, cioè l’impegno di rievangelizzazione in totale continuità con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Un fine minacciato dalla mondanità spirituale, siccome lo spirito del mondo è il cancro della società. Quindi la Chiesa deve essere una comunità del popolo di Dio e lo Stato del Vaticano al suo servizio, per cui gli interessi curiali, anteponendo l’istituzione vaticana alla Chiesa, scadono negli interessi temporali dell’istituzione.   Questa la sintesi testuale dei concetti di Francesco.

In tale programma emergono due aspetti estranei nel profondo alla laicità: che l’umanità abbia davvero bisogno di essere salvata e che la salvezza passi dall’essere servitori del Vangelo. In breve, il fine del vivere sarebbe salvarsi e la salvezza andrebbe cercata nell’autorità del Vangelo. Questa è una convinzione religiosa che come tale non tocca il nucleo del messaggio civile laico: l’autonoma libertà del cittadino che si traduce in sovranità nel costruire le regole della convivenza attraverso il conflitto democratico tra diversi e l’esame critico dei risultati fattuali. Francesco impernia la Chiesa sulla prossimità alle persone (“povera tra i poveri”) ma non sulla decisione delle persone, anzi in lui traspare una disattenzione al costruire le regole pubbliche. Infatti, quando si arriva al punto della collegialità del Popolo di Dio, Francesco potenzia al più il rapporto sinodale per meglio ascoltare e riconoscersi nell’autorità di Dio (“chiede fedeltà sempre”), senza attribuire al credente le scelte della Chiesa. Perciò è urgente che i laici rilancino la centralità civile del cittadino, che è il cardine del metodo laico, mostratosi efficace nei secoli.

Questa naturale estraneità della Chiesa al processo democratico, però, non può costituire per i laici una rendita di posizione. Anzi, fondarsi sulla libertà del cittadino per costruire istituzioni mutevoli nel tempo, esige oggi una cura maggiore per rimuovere di continuo ciò che  ostacola l’esercizio pieno e diffuso di quella libertà di ragione e di dubbio. Sul piano istituzionale e sul piano sociale.

Sul piano istituzionale, si creano le migliori condizioni per la feconda convivenza tra diversi innanzitutto con regole che garantiscano la libertà a ogni culto e non diano ingresso alla religione sul come costruirle. E poi con l’impegno politico nel fare controlli continui e non solo elettorali sui risultati delle norme adottate (onde adeguarle) e sull’effettivo livello di vita di cittadini, individui e gruppi (onde  evitarne la discesa sotto la capacità di scelta). Sul piano sociale – un piano inseparabile da quello istituzionale quando si confrontano le idee – regole per promuovere la libertà di lavoro e impresa, per creare una rete di sicurezza sociale diffusa e dinamica, per attivare condizioni di ripresa economica che  consentano il reddito di cittadinanza ai più deboli, per favorire una cultura critica che non discrimini in base al genere e al far sesso e che non riduca la partecipazione al conformismo.

Alla novità nel porsi religioso, i laici rispondano con la novità dell’agire laico. Il terreno non è la religiosità ma come convivere tra diversi.

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