Sul no alle elezioni anticipate (a Dario Di Vico)

Caro Dottore,

ancora una volta il Suo fondo di stamani affronta con chiarezza e senza ipocrisia il tema del non anticipare le elezioni, un tema che ha trovato molta attenzione in ambienti giornalistici non meno che in quelli partitici. Trovo  la Sua posizione del tutto corretta.

Ciò detto, esiste un ulteriore motivo per non votare a novembre, che Lei non  tocca e che invece, secondo i liberali, è quello chiave. Le elezioni servono a fare esprimere ai cittadini il loro giudizio e le loro scelte di indirizzo. Questo implica che vi siano proposte di progetti di governo tra cui scegliere. Se non ci fossero o fossero solo delle divise senza nulla sotto, è evidente che i cittadini potrebbero stabilire solo un vincitore ma non indicare quale indirizzo deve seguire. Mentre, appunto per le ragioni che Lei indica in tutta la parte finale, i ritardi strutturali dell’Italia e le attese che internazionalmente si hanno, richiedono di poter indicare una chiara terapia di governo sul come risanare i ritardi strutturali.

Attualmente, le maggiori forre politiche non hanno ricette organiche sulle nuove terapie da seguire per il paese. Ed è questo il motivo per cui i sei mesi in più che si avranno a disposizione completando la legislatura, sono indispensabili per preparare tali ricette e dare un segnale all’opinione pubblica italiana ed internazionale. In altre parole, occorre si torni alla contrapposizione politica sui progetti e non sul potere.

E’ questo l’obiettivo cui i Liberalitaliani vogliono contribuire dando voce politica ai metodi liberali. Cioè ponendo al centro delle regole e delle iniziative la libertà dei diversi singoli cittadini nella convivenza. Ed proponendo le concrete terapie conseguenti. Nella consapevolezza che non tutti condividono questo indirizzo (ad esempio i tecnocrati, i corporativi, gli statalisti, i dirigisti e i populisti) ma che questo è il solo modo per affrontare il passare del tempo, senza illudere di poter cancellare il passato e di potere congelare il futuro in una gabbia utopica.

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