Liberalismo e liberismo (a Dario Di Vico)

Caro Di Vico,

trovo il Suo articolo di stamani sul pensiero unico un buon esempio di giornalismo. Tratta un argomento difficile e in genere affrontato sommariamente e per frasi fatte, in termini istruttivi che  fanno cogliere la natura della discussione. Tuttavia vi è qualche zona grigia.

La più rilevante è che Lei, oserei dire automaticamente. include il liberismo nella cultura liberale ma, come già ha scritto Einaudi, non è così. Il liberalismo politico è a favore del liberismo in economia (e non esclude interventi riequilibratori pubbblici per mantenerlo funzionante), viceversa il liberismo in economia può esprimere una politica antiliberale cioè senza, anzi contro, il liberalismo politico (un chiaro esempio moderno è la Cina). Questa inclusione distorce il senso della Sua constatazione che l’universo liberale è plurale. Infatti, le differenze non sono affatto sul fulcro del liberalismo (la libertà del cittadino) e sul rifiuto del liberismo (la libertà dell’agire economico come se l’economia prescindesse dalla convivenza), dato che sul punto della libertà del cittadino concordano tutti i liberali non sedicenti (cioè quelli che si riconoscono nelle organizzazioni liberali internazionali). Le differenze (peraltro fisiologiche tra i liberali che ritengono diverso ogni cittadino, quindi anche loro stessi) possono essere su quale specifico intervento politico fare in quel dato momento. Ma non è il caso di oggi. Non esistono ad esempio liberali che pensino possibile mantenere il livello di tassazione sui livelli da tempo raggiunti ( ecco perché Lei stecca quando da la patente di cultura liberale a Padoa Schioppa, che era un antiliberale non ignorante della cultura liberale ma che non a caso era estasiato dalle tasse). Semmai la cosa che Lei lascia aleggiare ma non chiarisce apertamente è che Keynes era un liberale schierato, che poneva il problema – sempre attuale e tipico dei liberali – di una economia al servizio della vita e non delle teorie, capitalistiche incluse (atteggiamento opposto a quello del professore intervistato stamani nell’articolo di sotto al Suo che vorrebbe far passare per keynesiano Fassina, un fautore del sovrapporre lo Stato al cittadino).

Per mostrarLe la posizione odierna dei liberali, Le allego un mio pezzo di queste settimane su Liberalismo e Costruttivismo (che concerne questioni a Lei note) e il nocciolo della tesi di noi LIberalitaliani sulla questione del debito pubblico accumulato. Naturalmente anche con la speranza che prima o dopo Lei possa parlarne, contribuendo così a radicare la netta distinzione tra liberalismo e liberismo e a far capire che i liberali non sono né brutti e cattivi né fantasml del passato.

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