Caro Ambasciatore,
il prof.Filippo Andreatta, nella sua opinione-arringa sul Partito Democratico (Corriere del 10 dicembre), ha dato al DNA del nuovo soggetto il nome di pluralismo realizzato mediante l’unione di minoranze. Quanto scritto, dissolve però i veli della perifrasi e rende chiaro che il nome esatto del DNA è indistinzione politico culturale.
Dissolve il velo quando dà per acquisito che Ds e Margherita non coincidono più con i filoni socialdemocratico e cattolico democratico (ma non coincidere con le tradizioni non equivale ad averne dismesso le distinte caratteristiche di fondo). Dissolve il velo quando dà per scontato che le posizioni di DS e Margherita convergono nel campo del liberalismo democratico ( constatazione al di fuori di ogni realtà ricavabile dai dati culturali concreti e dalla esistenza di internazionali e di gruppi al Parlamento Europeo, distinti in socialisti, liberali e popolari). Dissolve il velo quando teorizza che il Partito Democratico deve essere un’ibridazione con pari dignità di qualsiasi provenienza ideologica purché riformista (dimenticando che il riformismo privo di connotati culturali ed operativi non ha volto e include perfino Reagan e Thatcher ).
La indistinzione culturale è il contrario di ciò che serve dopo oltre un decennio di eclissi della politica come dibattito e scelta sul terreno degli indirizzi civili, dei progetti di governo e dei programmi operativi. Per consentire ai cittadini di decidere su questo terreno, occorre prima fare alleanze precisamente formulate senza far finta di negare differenze politiche che in democrazia permangono fisiologicamente . La indistinzione culturale è , ancora una volta , la risposta funzionale alle logiche di potere di gruppi chiusi, anche se diffusi, che sono ostili, nel centro destra e nel centro sinistra, a concrete riforme pubbliche per favorire le libere iniziative dei cittadini .