Per la FDL alle politiche 2001

Il 22 ottobre il Consiglio Nazionale della Federazione dei Liberali ha deciso di dar corso alla raccolta delle firme per assicurare la presenza liberale alle politiche del 2001. Il testo del documento-contratto con cui i liberali chiedono il sostegno ai cittadini viene pubblicato a parte. Qui desidero illustrare in breve il senso politico della decisione. E’ stato un atto obbligato di realistico coraggio, che conferma la linea liberale degli ultimi anni, dalla convinta scelta maggioritaria, al rilancio dei valori della politica laica, all’impegno per una cittadinanza fondata su una auspicata Costituzione Europea , alla proposta di una liberalizzazione profonda della società italiana.
Secondo una visione miope e contraddittoria, il maggioritario in ambito nazionale servirebbe a ridurre i partiti. Per noi liberali invece il maggioritario serve a tutt’altro. A mettere in mano ai cittadini le scelte decisive sulle grandi questioni politiche e sulla classe dirigente designata per realizzarle. Quella della riduzione dei partiti ( che è un oggettivo restringimento della libertà) è l’aspirazione sempre presente in tutti coloro che, consapevoli o meno, rifuggono la diversità e vorrebbero una società di “gruppi chiesa” l’un l’altro contrapposti per motivi di colore e di appartenenza, come allo stadio. Per loro l’unico fine è battere l’avversario, non governare. Viceversa per i liberali il fine è governare e farlo sulla base del confronto civile, che è tanto più ricco quanto sono più ampie le proposte di partenza e tanto più efficace quanto il sistema della scelta ( quella maggioritaria, appunto) permette di aggregare progressivamente piattaforme programmatiche alternative e dunque di consentire ai cittadini un voto a ragion veduta.
Il documento-contratto della FdL segue questa filosofia. Contribuisce al processo di costruzione del programma di governo, indicando i principi di fondo cui ispirarsi e le principali iniziative politiche che ne conseguono. Evidentemente rifiuta le parole d’ordine del tipo “bisogna stare di qua o di là”, che hanno l’inconfondibile sapore illiberale. Vuole che la battaglia politica sia fatta di idee e di proposte, non di anatemi e di spot televisivi. E basta leggere questo documento-contratto per vedere subito che i liberali non sono confondibili non solo con il centro destra immerso nel conformismo conservatore e refrattario alla pratica della partecipazione, ma di fatto neppure con questa versione ulivista che teorizza l’indifferenza culturale come legame politico o con quella sinistra rimasta ad una visione ingessata della cittadinanza.
Limitiamoci solo a confrontare le idee liberali del documento-contratto con avvenimenti recenti. E’ del tutto evidente che il polo di centro destra non soddisfa il punto 1, dato che in sostanza è antieuropeista, come dimostrano il voto espresso alla Camera a metà ottobre e il goffo tentativo, tra l’umiliante e l’imbroglionesco, di esibire a Bruxelles il documento votato a Roma in un testo modificato rispetto a quello effettivo, onde evitare la riprovazione degli alleati europei. Allo stesso modo è evidente che il polo di centro destra non soddisfa il punto 2 sui valori laici (l’appiattimento sui valori confessionali è completo, con la foglia di fico degli ex radicali come da sceneggiatura), il punto 4 sull’immigrazione (le posizioni della Lega non hanno bisogno di commenti), il punto 6 sulla partecipazione (il messagio insistito è “votateci e lasciateci fare”), il punto 9 ( il Polo vuole la RAI così come è), naturalmente il punto 12 sul conflitto di interessi (Berlusconi docet) e così via.
Dall’altra parte, nel centro sinistra, vi sono problemi non lievi sul punto 2 e in connessione sul punto 7. Le incongruenze in materia di laicità dello Stato e di funzione della Scuola pubblica non appartengono solo al PPI, a Mastella e a Dini. Sono vaste anche nei DS. Si va dal Presidente della Camera che coinvolge le Istituzioni della Repubblica nel Giubileo dei Politici, al Presidente della Regione Toscana per cui la lezione del Papa “è un aiuto agli amministratori per far funzionare meglio la macchina pubblica”, agli scandalosi rinvii da parte del Presidente della Regione Emilia del referendum per l’abrogazione della legge regionale sulla parità scolastica da tempo richiesto dalle forze laiche e dal mondo della scuola secondo le norme vigenti. Sulle liberalizzazioni, punto 5, le ipocrisie e le reticenze sono numerose e robuste. Sulla giustizia, punto 10, i ritardi e le incertezze sono continui. Sulla riduzione del peso fiscale, punto 13, sono numerosi quelli che lo ritengono ancora un problema conflittuale con la politica dell’equità sociale. E così via.
Il documento-contratto della FdL ha l’obbiettivo del progresso come libertà. Ed è per questo che ocorre l’autonoma presenza liberale, portatrice di una mentalità che è necessaria per raggiungere quell’obbiettivo e che non ha surrogati. Una autonomia che noi liberali auspichiamo possa manifestarsi prima in un raggruppamento tra laici e ambientalisti non fondamentalisti ( al quale si sta attivamente lavorando in questi giorni) e poi in una coalizione che sappia amalgamare apporti distinti di culture diverse. Ma il punto di partenza obbligato per realizzare questo auspicio è la mobilitazione di chi si sente liberale per assicurare alle liste FdL il diritto di essere presenti in ogni caso alle prossime politiche. Altrimenti prevarrebbe lo spirito di vacuo ecumenismo che pervade la politica spettacolo. E la voce della ragione finirebbe per essere tenuta in minor conto.

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